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Un colpo di spugna per abbattere l’inquinamento?

Inquinamento

Gli studi lo propongono, e l’esperienza pratica sembrerebbe confermarlo: irrigatori su edifici, e il lavaggio periodico delle strade, possono validamente contribuire a purificare l’aria. Nella lotta all’inquinamento, l’alleato più prezioso si conferma l’elemento naturale più comune: l’acqua. Ma è bene non farsi troppe illusioni: vediamo perché…

•• Annaffiare le città come se fossero giardini. E per fare cosa? Per abbattere l’inquinamento nell’atmosfera. E come? Installando appositi irrigatori in cima ai palazzi più alti. L’idea, apparentemente presa di peso da un fumetto di Walt Disney, o da un cartone animato giapponese, sembrerebbe invece tutt’altro che bizzarra.

Un ricercatore dell’Università di Zhejiang, Shaocai Yu, ritiene infatti che spruzzare acqua dagli edifici più alti, potrebbe ridurre le sostanze inquinanti presenti in modo massiccio nelle congestionate, e perennemente asfissianti metropoli cinesi. Dove negli ultimi 30 anni, a causa della crescita economica e industriale, vi è stata un’imprevista e incontrollabile impennata dell’inquinamento, le cui cause vanno ricondotte a un infausto concorso di circostanze: l’impiego esteso e diffuso dell’energia a carbone, il traffico esploso oltre ogni previsione senza spesso un’adeguata rete di infrastrutture e, infine, qualità e tipologia dei combustibili per il riscaldamento.

Perplessità sulla strategia «pioggia»

La proposta, per ora, è stata lanciata a mezzo stampa, in un articolo pubblicato sulla rivista Environmental Chemistry Letters. Il Dottor Yu si è posto l’obiettivo di simulare la pioggia non solo per aggredire le sostanze presenti nell’atmosfera, ma anche per attenuare la tipica foschia causata dall’inquinamento. Per non pregiudicare gli equilibri delle falde idriche, il progetto prevede anche la raccolta e il riutilizzo dell’acqua usata, in un’ottica conforme alla tutela delle risorse idriche.

Il sistema, stando alle stime del suo ideatore, permetterebbe di ridurre la concentrazione di polveri sottili, mantenendola entro la soglia dei 35 microgrammi per metro cubo nelle megalopoli cinesi. Per il Dottor Yu, questo approccio di stampo geoingegneristico oltre a essere sicuro sotto il profilo ambientale, costituisce un modello operativo replicabile su larga scala, e a basso costo. E in quanto tale, attrattivo per gli investitori. Il paradigma utilizzato per convincere autorità e industria, del resto, è spiazzante: ”Se si può trascorrere – spiega Yu – mezz’ora al giorno ad annaffiare il giardino, si possono anche dedicare 30 minuti a spruzzare acqua nell’atmosfera per mantenere l’aria pulita”.

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A parole, il discorso non fa una piega. Nei fatti, invece, più di un tecnico ambientale manifesta delle perplessità: non è affatto sicuro, infatti, che la caduta dell’acqua per sola gravità possa essere sufficiente nell’azione rigeneratrice verso le particelle atmosferiche. Né viene sufficientemente spiegato come l’acqua, nel momento in cui viene espulsa dai sistemi innaffiatori, possa essere immune da contaminazioni di sorta e, pertanto, essere pregiudicata la sua azione di rimozione verso gli agenti inquinanti. Il «sistema», per farla corta, necessiterà di una sperimentazione intensiva affinché ne venga valutata la validità.

La strada principale parte dall’asfalto…

È assai probabile che il ricercatore cinese, nell’impostazione del suo modello operativo, si sia basato sulle esperienze svolte in alcune città europee – e anche italiane – dove l’impiego del cosiddetto «asfalto mangia-smog» possa ritenersi efficace contro l’inquinamento atmosferico. Ma anche in questo caso, tuttavia, va sottolineato come i risultati siano contraddittori: anche per una mancanza di chiarezza di fondo sul tema. L’unica certezza acclarata, è che il principio di massima del lavaggio intensivo delle strade – particolarmente diffuso in molti paesi del Nord Europa – ha sì contribuito a ridurre i livelli delle sostanze inquinanti e, pertanto, a prevenire i blocchi alla circolazione o altre misure limitative. Ma queste operazioni di lavaggio – che, si ripete, sono la consuetudine in molti Paesi afflitti da forti livelli di inquinamento nelle metropoli – avvengono su asfalti particolari, del tipo acustico e idroassorbente e, in quanto tali, in grado di svolgere con elevata efficacia la loro azione preventiva (anche per trattenere le sostanze inquinanti) quando le microporosità interne e le cavità che le caratterizzano, sono costantemente liberate da detriti e ogni sporcizia di sorta.

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Va quindi detto, inoltre, che le coperture stradali innovative, sulle quali vengono effettuati anche in questo caso dei periodici lavaggi, hanno delle peculiarità specifiche. Contengono infatti ossidi di titanio in grado di trasformare, con l’aiuto della luce, i composti organici volatili (VOC) e gli ossidi d’azoto (NOx) – emessi dai tubi di scappamento delle autovetture – in sostanze non nocive. Sostanze che sono eliminabili dal lavaggio delle strade o dalla pioggia. La funzionalità di tali coperture configura, in pratica, una specie di marmitta catalitica esterna, capace di purificare ulteriormente i gas di scarico. Queste coperture sono quindi potenzialmente utili contro l’inquinamento atmosferico, mentre NOx e VOC sono dannosi alla salute, visto che promuovono la formazione di ozono e contribuiscono alla formazione di una parte delle polveri sottili secondarie (i nitrati). L’efficacia di questi interventi è tuttavia limitata da una serie di problemi. NOx e VOC sono prodotti da tutti i processi di combustione, dai motori delle vetture ai riscaldamenti delle case; anche se ricoprissimo ogni strada cittadina, questi inquinanti ce li ritroveremmo comunque nell’aria, provenienti anche da molto lontano. NOx, VOC e nitrati, inoltre, costituiscono solo una parte dell’inquinamento atmosferico: le principali polveri sottili emesse dal traffico sono le particelle di fuliggine prodotte dai motori diesel, che non sono trattenute dall’asfalto mangia-smog. L’efficienza degli ossidi di titanio, infine, è elevata in laboratorio e con una luce ultravioletta; in strada – col traffico, l’erosione e la luce solare – è sicuramente inferiore. Attualmente si hanno poche informazioni sull’efficacia di queste coperture sulla riduzione degli inquinanti atmosferici. Alcune prove, condotte in Giappone e a Milano, pare abbiano dato risultati promettenti in tunnel stradali, strade trafficate con poca circolazione d’aria e ambienti chiusi con illuminazione appropriata.

Mobilità

Appare insomma un po’ troppo ottimistico sperare che le sperimentazioni possano aprire la strada a un nuovo modo di combattere l’inquinamento dell’aria e, in particolare, quello da «polveri sottili». Quel che è ragionevolmente possibile attenderci è una riduzione dell’inquinamento ai bordi delle strade, purché su di esse siano regolarmente effettuati i periodici lavaggi, allo scopo di impedire che i pedoni siano investiti dalle polveri formate dall’asfalto mangia smog, e risollevate dal traffico.

L’acqua, in conclusione, è sì un prezioso alleato per ridurre gli inquinanti, ma è un alleato che richiede un comprimario imprescindibile: ovvero, un’infrastruttura adeguata ad accoglierla. Ovvero, la strada! La mancanza di questo elemento integrativo potrebbe pregiudicare l’efficacia delle soluzioni di innaffiamento «dall’alto» proposte in Cina. Ma se un tempo erano i posteri ad avere l’ardua sentenza, oggi gli unici risultati attendibili sono quelli ottenuti in seguito a sperimentazioni costanti, metodiche e non necessariamente in cerca dell’effetto speciale.

Alessandro Ferri