Un viaggio al centro della Terra, quello che propone una ricerca dedicata alla scoperta dell’esistenza di acqua nelle profondità del nostro Pianeta. Condotta da ETH Zurich (l’Istituto federale svizzero di tecnologia) l’indagine ha mostrato i calcoli secondo i quali l’interno del pianeta potrebbe contenere una quantità d’acqua tre volte quella presente in tutti i mari ed oceani di superficie
•• Acqua, il petrolio del futuro. Un bene difficile, negato o quasi alla maggioranza dei popoli, possibile nodo sul quale possono svilupparsi guerre, contrasti, dissidi! Scoprire che la vecchia Terra è ancora generosa nei confronti dell’uomo che ne attacca l’ambiente, e ci riserva una possibile ancora di salvezza alla carenza di acque bevibili e sane, può essere una bella notizia, indipendentemente da cosa vorrà dire in termini di azioni da porre in essere per usufruirne!
Quest’acqua, si trova infatti a grande profondità in strutture di silicati ritenuti molto stabili. Tuttavia, la ricerca ha posto in evidenza come l’acqua che ha un ruolo fondamentale nei processi vitali che riguardano la superficie terrestre, esercita altresì un ruolo critico in molti processi geologici in profondità nel globo. Piccole quantità di acqua incorporate nelle strutture minerali hanno forti effetti sulla loro stabilità.
I processi di convezione in atto nel mantello terrestre, il movimento delle placche tettoniche e le stesse catastrofi naturali come terremoti ed eruzioni vulcaniche, subiscono una forte influenza dall’attività di questa acqua profonda.
Ma come si forma questo strato idrico nelle profondità terrestri? L’acqua in questione viene reintrodotta nell’interno del pianeta dalle placche tettoniche cariche di idrati quando ritornano attraverso i moti convettivi del mantello nelle zone di subduzione e viene poi rilasciata quando i minerali vengono decomposti dalle alte pressioni e temperature nell’interno della Terra. Molta di questa acqua torna poi in superficie attraverso le eruzioni vulcaniche, ma una larga parte rimane intrappolata in formazioni rocciose prodotte dalle alte pressioni e dalle strutture che si formano per la pressione ad alte profondità, intorno ai 400 chilometri!
La ricerca frena poi gli entusiasmi su cosa si possa fare per arrivare a questo prezioso bene, sottolineando che è ancora assolutamente oscuro sia l’esatto ammontare – ritenuto però stimabile in tre volte quella contenuta negli oceani – sia dove si trovi con esattezza e come e a quali costi sarebbe ipotizzabile un riciclo in superficie ed un utilizzo da parte dell’uomo.
“Attraverso l’apprendimento di come sia l’interno della Terra – osserva Carmen Sanchez Valle, assistente di geochimica sperimentale e fisica dei minerali all’Istituto federale svizzero di Tecnologia che ha sede a Zurigo che ha approfondito con nuove tecniche analitiche la materia – abbiamo ora qualche elemento in più di quello che sta accadendo sulla superficie. Un gruppo di densi silicati idrati scoperti in esperimenti di laboratorio anella metà degli anni ’60 (chiamati fasi A, E, D e superidro B) sono considerati i plausibili candidati al trasporto di acqua in profondità in zone a forte stabilità. Le proprietà fisiche e chimiche di questi materiali ottenute attraverso specifici studi di fisica dei minerali si sono rivelate fondamentali per comprendere il ciclo dell’acqua in profondità”.
Una struttura di diamanti sintetici è stato lo strumento usato per la ricerca e per il tentativo di replicare le condizioni estreme che esistono nelle profondità della terra e esplorare come le fasi idrate agiscono. Attraverso sistemi di compressione di misura micrometrica è stato possibile simulare le condizioni di pressione estreme del centro della terra. Nel test sono state anche introdotte elementi di resistenza e laser ad infrarossi per ricreare le infernali temperature del mantello e impiegate sofisticate tecniche di analisi fisiche e chimiche. I risultati di questi esperimenti di simulazione hanno permesso di aprire una finestra virtuale sulle profondità del globo.
“Gli studi combinati – prosegue la prof.ssa Sanchez Valle – ci hanno consentito di interpretare le anomalie sismiche osservate negli strati profondi e hanno dimostrato la presenza misurabile di acqua all’interno di minerali idrati in gran quantità”.