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Il ruolo del GSE nella transizione energetica

fotovoltaico

Talvolta si pensa che il Cambiamento Climatico sia un tema ambientale, da affrontare e risolvere tramite la mobilitazione delle associazioni di volontariato e i movimenti verdi. In realtà, per affrontarlo servono ingenti risorse. Per quanto riguarda quelle pubbliche, tra cui gli incentivi alle rinnovabili e all’efficienza, nel comportamento del GSE devono operare almeno tre princìpi: la par condicio delle procedure competitive, il corretto impiego delle risorse pubbliche e l’attenzione alla formulazione di dichiarazioni corrette. Questo per garantire che le limitate e nobili risorse pubbliche vengano distribuite in modo rigoroso e trasparente: se qualcuno le utilizza in modo improprio, addirittura truffaldino, la reazione deve essere veemente non solo perché sta sottraendo risorse pubbliche, ma perché sta anche minando il futuro delle giovani generazioni

Euclide distingueva tra assiomi, verità evidenti o nozioni comunemente condivise, e postulati, enunciati che esprimevano ciò che si chiede di ammettere.

Postulato è quindi una proposizione che, senza essere dimostrata, si assume o si richiede ai presenti di assumerla come vera, per divenire fondamento di una dimostrazione, di un ragionamento.

Farò ampio impiego di postulati, partendo dalla teoria della «natura delle cose» come fonte del diritto.

Se è vero che la natura delle cose è fonte del diritto, quando il diritto si fonda sulla «natura delle cose» significa che esso non vuole fare violenza ai fatti con la ragione, ma che, invece, cerca la ragione nelle cose, e la ragione è la «natura dei fatti». A tale diritto ripugna fondare conclusioni sull’aspettativa dei fatti che si devono ancora verificare; esso aspetta che questi sopraggiungano per giudicare solo quando si sono verificati; aspetta che la situazione stessa porti con sé la decisione e costringa ad essa.

Originando dalla «natura delle cose», il diritto si mantiene aperto all’imperativo di ogni nuova ora, all’insegnamento di ogni situazione che si presenta; la sua forza consiste nel sapersi ogni volta correggere e modificare a seconda della nuova situazione.

Vi racconterò quindi oggi come, partendo da altri postulati, una situazione nuova si vada delineando con la forza della «natura delle cose». Quale la situazione nuova? Il Cambiamento Climatico.

Cambiamento Climatico

Intendiamo per Cambiamento Climatico (Global Warming) l’innalzamento della temperatura terrestre, fenomeno per il quale 14 dei 15 anni più caldi di cui siamo in grado di fare memoria si sono registrati in questo secolo o per il quale l’ultimo decennio è stato il più caldo della storia dell’uomo. Il decennio precedente è stato il secondo più caldo della storia dell’uomo. Il decennio ancora precedente è stato il terzo più caldo della storia dell’uomo.

Il postulato adottato è che il Cambiamento Climatico c’è, e le cause sono antropiche, determinato da attività umane.

Cosa facciamo per debellarlo?

Talvolta si pensa che il Cambiamento Climatico sia un tema ambientale, da affrontare e risolvere tramite la mobilitazione delle associazioni di volontariato e i movimenti verdi, che per molti anni hanno avuto una influenza decisiva sulle politiche ambientali.  Oppure che sia un problema che deve affrontare lo Stato.

Fino a oggi abbiamo visto le imprese come il problema, come gli inquinatori. Viene quindi naturale trovare la soluzione altrove. La convinzione comune è che le imprese, di fatto, producono profitti generando problemi sociali. Esempio tipico l’inquinamento.

Ma se dobbiamo affrontare una guerra, se occorrono risorse, soldi, tanti, per fare una guerra, c’è un problema di «scala».

Le risorse non le hanno né lo Stato né le ONLUS. È davvero chiaro oggi, lo è molto di più che qualche decennio fa.

Non ci sono abbastanza entrate fiscali, non ci sono abbastanza donazioni filantropiche.

Quindi, se si tratta in sostanza di un problema di risorse, dove le si trovano nella società? Come vengono create quelle risorse di cui abbiamo bisogno per dare soluzioni ai problemi sociali?

Sono nel mercato, sono le imprese.

Tutta la ricchezza è in realtà creata dal mercato. L’impresa crea ricchezza nel momento in cui risponde a dei bisogni con un profitto.

Solo le imprese possono effettivamente creare le risorse necessarie per la battaglia al Cambiamento Climatico. Altre istituzioni possono utilizzarle ma solo le imprese sono in grado di crearle.

È il profitto la chiave di volta.

Perché? Perché quel profitto fa sì che qualunque soluzione sia infinitamente riproducibile su scala.

Se possiamo fare un profitto, possiamo farlo per 10, 100, 1 milione, 100 milioni, 1 miliardo di volte.

Potremo attingere a queste enormi risorse e a questa capacità organizzativa.

La soluzione diventa autosufficiente. Questo è ciò che fanno le imprese quando producono un profitto.

Lo abbiamo visto in Italia nel Fotovoltaico. In pochi anni abbiamo realizzato 600mila impianti, superando qualsiasi ostacolo, di burocrazia, di pianificazione, di organizzazione, di assunzione del rischio, di capillarità d’intervento.

Presidente e A.D., Gestione Servizi Energetici (GSE)
Francesco Sperandini, Presidente e A.D., Gestione Servizi Energetici (GSE)

Abbiamo pagato con risorse pubbliche ma se quelle stesse risorse fossero state destinate a un impiego da parte della Pubblica Amministrazione, sono convinto che oggi avremmo un numero di impianti di tre ordini di grandezza inferiore.

Quanti impianti a fonti rinnovabili abbiamo visto restare sulla carta, a causa del processo decisionale della Pubblica Amministrazione che non è compatibile coi tempi del mercato e della normativa!

Da un lato dobbiamo iniziare a convincerci che il Cambiamento Climatico è il più importante dei problemi economici cui dobbiamo far fronte, più della disoccupazione, della recessione, della sostenibilità dei nostri sistemi pensionistici.

Il più importante dei problemi economici, non un problema ambientale.

La consapevolezza che il Cambiamento Climatico non è solo un problema ambientale spiana la via a un successivo passo logico. È solo attraverso una decisa azione a livello economico, con nuove strategie di investimento nel settore energetico, nuove politiche infrastrutturali in un nuovo modello di sviluppo sostenibile che si può affrontare il Cambiamento Climatico in corso. Serve una soluzione di mercato.

Prendiamo atto quindi che allo Stato (direttamente o tramite, come nel caso concreto, una sua Società) spetta lo stimolo, l’incentivo per far lavorare il mercato. Al tempo stesso ci aspettiamo dal mercato un nuovo approccio, improntato a inclusione, responsabilizzazione, trasparenza.

Occorre quindi che cambino le convinzioni delle persone (affinché la politica si muova, lo abbiamo visto prima a proposito della consapevolezza) ma occorre che cambino anche le imprese.

L’investitore Black Rock ha pubblicato uno studio lo scorso settembre la cui conclusione è crediamo che tutti gli investitori dovrebbero incorporare la consapevolezza del cambiamento climatico nelle loro decisioni d’investimento”.

Di fronte a questo nuovo modello di pensare il mercato, il diritto – richiamando la «natura delle cose» – deve adeguarsi.

Non c’è un diritto «ottimo» per qualsiasi economia di mercato.

Esiste semmai un diritto «acconcio», meglio corrispondente alle caratteristiche e alle esigenze, attuali e prospettiche, di un’economia di mercato storicamente determinata.

La verifica dell’adeguatezza degli istituti giuridici al mutamento delle condizioni e delle esigenze dell’economia deve essere continua.

GSE

Come si adegua il Gestore dei servizi energetici? Nel GSE due viste, una pars destruens e una pars costruens.

Pars destruens

Le risorse pubbliche sono limitate e la loro destinazione è meritoria: garantire che le future generazioni abbiano la stessa qualità della vita di cui godiamo noi. Quindi risorse poche e nobili. Se qualcuno le utilizza in modo improprio, addirittura truffaldino, la reazione deve essere veemente perché sta sottraendo non delle risorse ma il futuro.

In questo senso, la complessità della vita economica reale va introdotta sin dall’inizio: essa è la fonte dei problemi la cui soluzione postula le regole giuridiche e domanda che queste regole diano una risposta adeguata.

Di questa complessità della vita economica reale bisogna tener conto soprattutto quando si legifera e si regola in materia di incentivi economici. L’incentivo stimola la parte peggiore dell’animo umano.

Il primo

L’Italia si caratterizza nel mondo tra le economie sviluppate (e non solo), per tre caratteristiche:

• cinque organizzazioni criminali mafiose;

• una propensione all’evasione fiscale che non ha pari nel mondo occidentale;

• un tasso di corruzione che secondo le analisi di Trasparency International in Europa è secondo solo alla Bulgaria.

Il secondo: l’opportunismo

È noto ai più che l’Italia sia l’unico paese con tradizione giuridica consolidata in cui la Suprema Corte abbia «coniato» l’istituto giuridico dell’abuso di diritto come fattispecie negativa, da penalizzare all’interno dell’ordinamento.

Quel diritto «acconcio» a cui facevo cenno, quelle regole giuridiche che debbono dare risposte adeguate alla complessità della vita economica reale, devono tenere bene a mente questo contesto.

Sbagliamo se discipliniamo l’attività economica considerando gli imprenditori come soggetti corretti (purtroppo lo facciamo spesso). Non è la correttezza che chiediamo agli imprenditori. L’economia di mercato è efficiente se gli imprenditori si comportano non in modo corretto ma seguendo il proprio tornaconto.

Adam Smith, il padre dell’economia politica, scriveva nel testo sacro di questa disciplina «La ricchezza delle nazioni»:

 

Non è dalla benevolenza del macellaio, del birraio o del fornaio,

che noi ci aspettiamo la nostra cena,

ma dal loro rispetto nei confronti del loro stesso interesse.

Noi ci rivolgiamo, non alla loro umanità ma al loro amor proprio,

e non parliamo loro delle nostre necessità ma della loro convenienza”.

È il fondamento del libero mercato, il più efficace sistema di creazione e di allocazione delle risorse ad oggi conosciuto, che si basa sull’egoismo, sul tornaconto personale.

Questo mercato soffre però dei cosiddetti fallimenti, le inadeguatezze che, anche nelle economie avanzate, non permettono al mercato di essere completo, funzionante, adeguato, che lo rendono inefficiente.

Tra i tanti fallimenti che la dottrina ha individuato, uno è effetto degli incentivi e viene individuato come «caccia alla rendite» o «rent seeking».

I produttori possono pensare di realizzare extra profitti, rendite, in modi diversi dalla normale attività produttiva, ad esempio ricercando favori pubblici o lucri per le vie legali, impiegando più avvocati che operai. Le risorse saranno allora sprecate per inseguire e coltivare quei modi, piuttosto che per offrire a costi e prezzi minimi quanto viene richiesto dal mercato.

Tale comportamento non era sfuggito allo stesso padre dell’economia politica Adam Smith.

Sempre nella «Ricchezza delle Nazioni» Smith scrive in materia di premi:

… il premio alla pesca delle aringhe bianche è un premio di tonnellaggio,

proporzionato alla stazza della nave e non alla diligenza o al successo nella pesca;

e temo che si sia verificato anche troppo frequentemente

che le navi abbiano preso il largo non per pescare il pesce ma il premio”.

fotovoltaico

Pur essendo il testo sacro dell’economia politica, evidentemente è un testo citato ma non letto. Sicuramente non l’ha letto chi ha redatto, nell’ambito del sistema dei «Certificati Bianchi», la scheda 40E, quella che riconosceva l’incentivo agli interventi di efficienza nelle serre agricole.

Ipotizzando – come postulato, che non è assioma – il corretto comportamento dell’operatore, assumendo che egli avrebbe adottato un condizionatore di potenza adeguata all’ampiezza dell’impianto, l’incentivo era calcolato in funzione dei metri quadrati della serra.

Ma l’operatore non è corretto. L’operatore è, deve essere, il sistema gli chiede che sia, votato alla massimizzazione del profitto.

Così il GSE riceveva richieste di incentivo per serre grandi come regioni e con condizionatori di piccolissima taglia, in grado di condizionare la temperatura di una minima parte della serra stessa.

L’incentivo era infatti di misura tale da remunerare ampiamente il costo di realizzazione della serra non condizionata.

Così come le navi della regina citate da Adam Smith uscivano spesso in mare per pescare premi e non per pescare pesci, allo stesso modo venivano realizzate serre non per l’uso agricolo, ma per cogliere l’incentivo della scheda 40E, senza apportare alcun beneficio in termini di efficienza energetica.

In questa situazione il GSE ha reagito in modo veemente disconoscendo l’incentivo e disapplicando la scheda, pur non avendone il titolo, che l’ordinamento assegna al Ministero dello Sviluppo economico, il Ministero vigilante del GSE.

Il comportamento del GSE è stato oggetto di contestazioni e di richiami al Ministero.

L’ordinamento giuridico si è adeguato correttamente, con il giudice amministrativo che non ha mai accolto i ricorsi degli operatori avverso l’operato del GSE.

Pars costruens

Sotto altro profilo, passando a evidenziare come l’ordinamento giuridico possa adattarsi per supportare le imprese affinché siano colti gli obiettivi di sviluppo sostenibile, possiamo citare un altro esempio.

L’assegnazione degli incentivi per i medi e i grandi impianti si svolge sulla base di procedure competitive: registri per i medi impianti, aste per i grandi.

Nel comportamento del GSE operano almeno tre principi:

• la par condicio delle procedure competitive;

• il corretto impiego delle risorse pubbliche;

• l’attenzione alla formulazione di dichiarazioni corrette, rispondenti al vero.

Su questi, interviene come quarto il principio dello sviluppo sostenibile.

Come si adatta il diritto per diventare «acconcio» alla realtà?

La disciplina delle gare indette dal GSE sino a tutto il 2015 prevedeva sempre la verifica della titolarità dei requisiti posti per la priorità nella formazione della graduatoria, anche quando il contingente non fosse andato completamente assegnato (non saturo).

La «falsa dichiarazione» è comunque un comportamento che l’ordinamento giuridico deve disincentivare e sanzionare. Ma rileva in modo così decisivo da primeggiare rispetto ai diritti delle generazioni future?

Per il GSE no!

Nelle procedure di gara del 2016, il GSE ha deciso che le dichiarazioni sui requisiti di priorità sarebbero state considerate solo in caso di contingente saturo.

La discrezionalità amministrativa non è un tabù: va esercitata, senza che diventi arbitrio, in quanto l’arbitrio è un concetto giuridicamente diverso e finalisticamente contrario alla stessa discrezionalità amministrativa.

Ritengo che la discrezionalità di cui è dotata ogni Pubblica amministrazione debba essere esercita soltanto nella misura in cui rientri nei confini delle norme. In tal caso il ricorso alla discrezionalità diviene un obbligo senza temere che un giudizio improprio possa escludere, paralizzare, rinviare l’operato della pubblica amministrazione, impedendo il perseguimento del più alto e generale interesse pubblico.

Ecco che si palesa in modo evidente il ruolo che tale discrezionalità assume nella valutazione dei benefici derivanti dall’accesso ai meccanismi d’incentivazione: essa infatti interviene in quella spaccatura esistente tra la norma giuridica e il dinamismo del mercato che, nel nostro caso, viaggia a forte velocità con tecnologie ad altissima innovazione che appaiono già quasi obsolete rispetto all’avvicendarsi dell’evoluzione normativa.

Quindi, tornando a quanto detto in apertura, è la «natura delle cose» che si impone in modo forte e incisivo: lo sviluppo sostenibile assurge a principio sostanziale. Vi è una matrice di doverosità e di vincolo posto in capo alle generazioni attuali a garanzia di quelle future, che si configura come l’unico strumento realistico per garantire gli interessi della società umana. Questo principio s’impone come elemento determinante nella valutazione discrezionale che è alla base delle decisioni del GSE.

Mi permetto una battuta in chiusura. Lo sviluppo sostenibile impatta e permea l’ordinamento giuridico anche disapplicando un istituto principe del diritto contrattuale, il c.d. sinallagma.

Come scrive Woody Allen (sembra riprendendo una battuta di Groucho Marx):

“ma in fondo, cos’hanno fatto per me le generazioni future perché io mi debba occupare di loro?”.

 [ Francesco Sperandini ]
Presidente e A.D., Gestore dei Servizi Energetici (GSE)