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L’opportunità ecologica dell’architettura

Thun taglio
Ater Social Houses, Motta di Livenza, Treviso, 2010. Edificio collettivo eco-compatibile

di Matteo Thun • La consapevolezza di doversi ispirare a criteri di rispetto ambientale offre nuovi stimoli, nuove soluzioni e nuovi linguaggi all’architettura

 

Negli ultimi anni nel design, nell’architettura, nel progetto urbanistico, nel cibo, il tema ecologico è una sorta di cappello introduttivo a qualsiasi pratica progettuale e discorsiva e non potrebbe essere altrimenti, in quanto ci troviamo in una fase oggettivamente cruciale: la questione della sostenibilità come grande tema quotidiano da affrontare anche nel più piccolo gesto, anche se spesso si riduce ad una semplice parola a cui non corrispondono adeguati comportamenti.

 

La sostenibilità riguarda tutti noi. E senza dubbio essa ha un significato molto più complesso e non riconducibile esclusivamente alla serie di prescrizioni tecniche e normative che, nella loro semplice enunciazione, rientrano in fondo sempre e comunque nel campo della parola.

Thun 3

Noi stessi, in quanto progettisti «avvertiti», dobbiamo tenerne conto e siamo soliti farlo nella progettazione di un edificio: dal giusto orientamento in rapporto all’asse eliotermico e alla direzione dei venti prevalenti, al controllo delle dispersioni termiche attraverso la chiusura del fronte nord; dall’adeguata coibentazione delle pareti e del tetto, all’uso di infissi ad alta capacità isolante e al controllo dell’irraggiamento solare grazie all’utilizzo di opportune schermature e, quando possibile, di barriere verdi. E ancora: pannelli solari fotovoltaici per la produzione di energia elettrica, doppi sistemi di distribuzione del calore, tramite radiatori con valvole termostatiche e pannelli radianti a pavimento, caldaie a condensazione che sfruttano il calore latente del vapore contenuto nei fumi e recuperano una percentuale di energia riutilizzabile, nonché sistemi di reimpiego dell’acqua piovana per gli scarichi sanitari e per l’irrigazione esterna, e così via.

L’assoluta indipendenza di ciascuna sorgente energetica genera una modularità impiantistica che permette di valutarne i differenti consumi energetici, l’impatto ecologico e il risparmio economico.

Ma tutto ciò è ormai un dato di fatto. Così come sono oramai acquisiti i seguenti fattori: alla più grande scala urbana fino a quella territoriale, il modello monofunzionale a bassa densità sta fallendo e le nostre città devono essere dense e mixed-use; è indispensabile concentrare e differenziare le funzioni, ridurre la mobilità, limitare i trasporti a lunga gittata, fare del carbon footprint e del «kilometro zero» le linee guida della progettazione (e delle nostre scelte di consumo).

 

Thun casa prefabbricata in legno

Un modello di riferimento: la casa Walser

La questione ecologica può essere vista come una grande opportunità per l’architettura, anche nel senso di una sua rivitalizzazione linguistica.

È in questo senso che il nostro studio ha adottato come modello di riferimento architettonico, il sistema costruttivo della casa Walser: semplice ma di grande efficienza energetica. Riferirsi ad uno stilema alpino durante la progettazione diventa una ricerca di parole e di una sintassi dove la logica alla base è nitida, dove l’essenzialità e la semplicità sono funzioni necessarie e non ideologiche, e dove tutto è perfettamente al proprio posto, in un solido equilibrio uomo-ambiente.

Nella casa Walser troviamo un insegnamento non solo dal punto di vista tecnico-costruttivo, ma anche estetico e sociale: estetica dell’economia, dove un lavoro di sottrazione porta ad un progressivo avvicinamento all’essenza di ogni problema.

La casa Walser pone l’attenzione anche ad un’essenziale sintesi funzionale dei loggiati, usati come luoghi interstiziali tra dentro e fuori, tra pubblico e privato, così come accade in un paese di montagna, dove rapporti di vicinato e atti di socialità sono fortemente sviluppati.

La combinazione di questi fattori – riduzione del fabbisogno energetico, riconoscibilità formale e funzionale, condivisione estetica e sociale – è quello che noi intendiamo per «sostenibilità». Un’architettura sostenibile non è solo una questione tecnica, bensì un problema di durata nel tempo, materiale ed estetico.

Abbiamo cercato di lavorare in questa direzione fin dall’origine: si pensi alle prime case prefabbricate Heidis, al progetto Vigilius Mountain Resort, fino alla realizzazione del mixed-use building Tortona 37 nel 2009.

È ciò che comunemente noi chiamiamo «no-design», in riferimento ad oggetti e architetture sì avanzati tecnologicamente, ma semplici, addirittura classici, in grado di avere una durata estetica e culturale nel tempo.

 

Thun progetto Tortona 37

Il progetto Tortona 37

Mi soffermerei proprio sul progetto Tortona 37, che rappresenta uno degli sviluppi più recenti a Milano. Si tratta di un’area ex-industriale, trasformata in uno dei quartieri più trendy e dinamici della città, che ospita ora uffici, negozi, showroom.

Il complesso Tortona 37 unisce creatività e sostenibilità: il progetto è infatti un modello architettonico a basso impatto ambientale e ad alta efficienza energetica. L’architettura si fonde facilmente con l’ambiente urbano e naturale e consente al genius loci a corrispondere alle dimensioni e la progettazione alla nuova costruzione.

I cinque edifici risanati, rettangolari, sviluppati su sei piani, vanno a coprire 25.000 mq, un ex sito industriale che viene riportato in auge e destinato nuovamente alla città.

Milano gode di un’importante falda acquifera. Il complesso di Via Tortona sfrutta proprio questa energia per la produzione di acqua calda e fredda, per scaldare o rinfrescare.

Quattro pozzi prelevano l’acqua di falda che viene poi inviata ad una grossa vasca interrata e da qui distribuita alle pompe di calore di ogni singola unità immobiliare. Il sistema sfrutta l’inerzia termica e la trasforma in calore: d’estate scambia l’energia a bassa temperatura dell’acqua su un altro liquido che viene mandato in circolazione all’interno di pannelli radianti a soffitto; d’inverno lo scambiatore sottrae invece energia termica dall’acqua di falda e la integra con l’energia elettrica per scaldare il liquido dei pannelli radianti. Il 60% del calore arriva dall’energia estratta dalla falda; il rimanente dall’integrazione della rete elettrica.

Il sistema non sfrutta gas o combustibili fossili: il tutto è alimentato elettricamente dimezzando le emissioni in atmosfera rispetto ad un tradizionale sistema che usa il metano (per ottenere 4 kW termici con la pompa di calore si utilizza 1 kW elettrico, con una produzione di 0,5 kg di CO2 circa).

L’esterno del complesso offre un isolamento completo e protegge dalle temperature estreme. È inoltre circondato da una griglia bianca, interrotta da vetrate rivestite in legno come protezione dal sole. La facciata di vetro dispone anche di un sistema di tende esterne per ridurre la radiazione solare diretta fino all’87% e per evitare così il surriscaldamento degli ambienti in estate.

 

 

Matteo Thun
Matteo Thun & Partners