Home Mobilità & Trasporti Trasporto Stradale Le sfide tecn...

Le sfide tecnologiche per il settore automotive

Eugenio Razelli
Eugenio Razelli

di Eugenio Razelli – Sicurezza, ambiente ed efficienza energetica sono i leitmotiv che segnano il percorso evolutivo della filiera automotive e che agiscono fin d’ora come stimoli chiave verso la modernizzazione e il miglioramento tecnologico


Volendo sintetizzare le principali sfide tecnologiche che il nostro settore dovrà affrontare nel prossimo futuro, dobbiamo concentrarci sul tema della sicurezza – attiva, passiva e preventiva -, dell’ambiente, che richiederà il massimo impegno soprattutto nell’affrontare la sfida delle emissioni di CO2, e sull’efficienza energetica, che possiamo interpretare come giusto trade off tra una spinta all’innovazione dei motori termici e un orientamento deciso allo sviluppo di tecnologie ibride ed elettriche. Queste sfide tecnologiche si inseriscono in un quadro normativo e regolamentare particolarmente «pesante» per il nostro settore, che oggi appare ancor più gravoso a causa di un contesto economico fortemente critico: agli ingenti costi di investimento richiesti, si aggiunge la difficoltà di sopravvivere alla crisi economico-finanziaria in corso, gettando contemporaneamente le basi per la competitività futura. Nel recente passato, a partire dall’introduzione della normativa Euro1 nel 1993 fino alla fissazione dei limiti Euro6 previsti per il 2015, e con le normative in materia di sicurezza, l’Europa ha richiesto alla propria filiera automobilistica lo sforzo maggiore a confronto con la filiera americana o asiatica.

Emissioni di CO2: un lungo impegno

Oggi è ancora in corso la grande sfida dei cambiamenti climatici e quindi la necessaria riduzione delle emissioni di CO2 prodotte dalle attività umane. Ed è questa, in particolare, la sfida su cui si è abbattuto il peso della crisi economico-finanziaria. Nel caso della CO2, l’industria automobilistica europea ha voluto, già nel 1998, dare il suo contributo firmando l’unico accordo volontario esistente per l’autolimitazione delle emissioni, che ha permesso di ottenere nel 2008, ancor prima dell’adozione del Regolamento CO2 auto, entrato in vigore ad aprile 2009, una riduzione delle proprie emissioni di circa il 17% rispetto al 1995 (fonte ACEA). Il regolamento ha poi disegnato la nuova strategia europea per le emissioni di CO2 delle auto, la quale vede ancora una volta l’industria automobilistica europea confrontarsi con un maggiore impegno rispetto agli altri competitors. La possibilità di vincere, nel prossimo futuro, questa sfida, è strettamente connessa alla revisione delle strategie sia in termini di approvvigionamento energetico, sia in termini di diversificazione delle fonti alternative e di sviluppo di nuovi carburanti – dai biocarburanti, al metano, all’elettrico, con uno sguardo all’idrogeno come soluzione complementare rispetto alle altre, viste le difficoltà di approvvigionamento e distribuzione sul territorio. Premesso che il contributo del trasporto sul totale delle emissioni di CO2 dovute alle attività umane è pari al 16% (attività umane: circa il 3% del totale), in 10 anni, i Costruttori hanno ridotto le proprie emissioni medie del 17% tramite l’introduzione di nuove tecnologie. Nessun settore ha ridotto altrettanto le proprie emissioni. A fronte di una riduzione media delle emissioni del 17% sul nuovo immatricolato, il contributo del trasporto su strada sul totale delle emissioni di CO2 da attività umane continua a crescere a causa, in particolare, del problema della congestione stradale. Finché le politiche comunitarie continueranno a fissare obiettivi unicamente sui veicoli nuovi, si perpetuerà un circolo vizioso rappresentato da veicoli sempre più costosi che avranno come conseguenza un rallentamento del rinnovo del parco circolante, ottenendo così l’effetto opposto a quello voluto in termini ambientali. Per vincere la sfida ambientale occorre definire con urgenza un nuovo paradigma a livello mondiale. Le istituzioni mondiali stanno definendo obiettivi sempre più ambiziosi per combattere il global warming. Se non si prendesse alcun provvedimento, dal 2006 al 2030 per le emissioni di CO2 si evidenzierebbe una crescita del 6% in Europa, del 136% in Cina, del 200% in India e del 19% negli USA, ovvero si passerebbe dalle attuali 3.200 megatonnes (Mt) a circa 4.700 Mt (Fonte: World Energy Outlook 2007). Lo «Scenario 450», preso in esame a Copenhagen, prevede, secondo l’IPCC (Intergovernmental Panel of Climate Change), l’abbattimento delle emissioni di CO2 del 50% entro il 2030 per evitare il global warming. E secondo un recente studio di McKinsey (giugno 2009), i veicoli leggeri, nei Paesi OCSE, dovranno emettere una media di 85 g/km di CO2 e le nuove immatricolazioni dal 2030 una media di 60 g/km (si stima che i veicoli su strada nel mondo passeranno dai 730 milioni di oggi a oltre 1,3 miliardi nel 2030).

 

Strategie politiche

Per affrontare tutto questo, l’industria dell’auto non può essere lasciata sola: serve un approccio integrato che veda i policy makers impegnarsi nell’attuazione di misure per il rinnovo del parco circolante, una tassazione legata alla CO2, investimenti in infrastrutture, il miglioramento della congestione del traffico tramite la telematica e, non ultima, la diffusione dei carburanti alternativi. Un esempio di recente applicazione di ciò che intendiamo per approccio integrato è osservabile nel mix di politiche attuate in Germania: una politica di rinnovo del parco circolante, abbinata a una fiscalità basata sulla CO2 e all’obbligo di lezioni di eco-driving. Ciò ha prodotto un abbattimento della media ponderata delle emissioni delle nuove auto immatricolate di 5,7 g/km di CO2 in soli 7 mesi (gennaio-luglio 2009), rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Ecoincentivi: una scelta giusta

In Italia, pur in assenza dell’applicazione di un approccio integrato, la politica di incentivi alla rottamazione ha portato grandi benefici economici e ambientali: nell’arco del 2009 stimiamo circa 460.000 veicoli aggiuntivi venduti e la grande penetrazione nel mercato delle vetture ultra-ecologiche rappresenta un altro fondamentale effetto positivo, con le immatricolazioni di vetture a metano e GPL passate dal 9,9% di gennaio 2009 (senza incentivi) al 30,6% di novembre. Così, nel periodo gennaio-ottobre 2009, la media ponderata delle emissioni di CO2 delle nuove auto immatricolate è scesa a 137,2 g/km contro i 145 g/km dello stesso periodo del 2008 (7,8 g/km in meno). Infine, la sfida ambientale in corso ha dato vita a nuove tendenze nelle scelte dei consumatori: auto più piccole, recupero della benzina sul diesel, riduzione delle cilindrate e un maggior utilizzo di carburanti alternativi (metano, GPL, ibridi).

Nuove soluzioni sostenibili

In questo quadro di cambiamenti, la nuova regolamentazione sulla CO2 obbligherà i Costruttori a ridurre le attuali emissioni medie del 23% al 2015 e del 39% al 2020 (come target), comportando un conseguente aumento del costo delle vetture. È necessario un nuovo approccio che abbia come obiettivo lo sviluppo di nuove soluzioni tecnologiche sostenibili dal punto di vista del mercato e con un potenziale elevato per il risparmio energetico, come l’integrazione dei nuovi sistemi di bordo finalizzati a educare a una guida più efficiente e a promuovere il recupero dell’energia di scarto (calore ed energia cinetica). La sfida dei Costruttori è quindi quella del costo-opportunità delle varie tecnologie in termini ambientali. Il costo della tecnologia è praticamente uguale per ogni gamma di veicolo. Sarà quindi molto diffici- Le sfide tecnologiche nel quadro regolamentare riorità Fonti energetiche alternative le p Ambiente Sicurezza / Qualità dell’aria 1970 2000 2015 2030 – Normative emissioni/sicurezza Q i l ti (E NC ) – Accordo volontario ACEA sul CO2 P t ll diK t – Strategie per l’approvvigionamento energetico – Quasi regulation Euro NCap) – Direttive sulla qualità dell’aria – Piani Regionali (Limitazioni ll i l i ) – Protocollo di Kyoto – Nuova Strategia EU per la riduzione del CO2 Att l t t i – Nuovi carburanti: Biocarburanti, Metano, Elettrico, Idrogeno? alla circolazione) – Attesa la nuova strategia di Copenhagen (Dic 09) le, per motivi di costo, equipaggiare le piccole vetture con tecnologie troppo costose come l’ibrido, che inciderebbero per quasi il 50% sul prezzo di vendita della vettura stessa, con conseguente perdita della sua vocazione di utilitaria. Lo stesso discorso vale per i veicoli elettrici che, per costo e per problemi infrastrutturali, al momento hanno una vocazione di flotte dedicate, ma non potranno, a breve, avere una diffusione su larga scala.

 

Efficienza energetica

Il ruolo determinante dell’efficienza energetica per la riduzione delle emissioni è riconosciuto anche dall’Agenzia Internazionale per l’Energia (AIE). L’AIE stima in 8,2 giga tonnellate di emissioni di CO2 il potenziale di riduzione offerto dall’efficienza energetica entro il 2030, in uno scenario in cui il tetto alle emissioni di CO2 necessario per mantenere l’innalzamento della temperatura terrestre sotto i 2°C entro il 2030, è stimato in 26 giga tonnellate. In uno scenario di lungo periodo, inteso a dimezzare le emissioni al 2050, fatto 100 il valore totale della riduzione delle emissioni, il 36% sarebbe ottenibile proprio grazie ad un aumento dell’efficienza energetica negli usi. Nel medio periodo è comunque necessario e vitale promuovere il miglioramento dell’efficienza dei motori a combustione interna e, contemporaneamente, preparare il mercato (anche a livello di infrastrutture e normative) all’introduzione dei nuovi carburanti. L’impiego di miscele di metano e idrogeno in motori ad elevata efficienza, ad esempio, permette una graduale diffusione dell’idrogeno e produce benefici già nel breve periodo.

Sicurezza della circolazione

Passando alle sfide poste dalla regolamentazione in termini di sicurezza, vorrei porre l’attenzione sui dati relativi alla diminuzione degli incidenti stradali in Italia nel periodo 2000-2007 (da oltre 7.000 a circa 5.131, che in termini percentuali è pari al 27,3%) e alla diminuzione dei feriti da 360.000 a 325.850, scesi del 9,5%. È bene ricordare che, nello stesso periodo, il volume di circolazione, valutato sulle percorrenze autostradali, è aumentato del 19,9% a fronte di un aumento contenuto del parco circolante e di quasi nessun miglioramento delle infrastrutture (1995-2005: allungamento della rete autostradale del 2% in Italia contro il 28% in Europa e il 60% in Spagna). In questi anni i costruttori di veicoli hanno contribuito in maniera sostanziale all’aumento della sicurezza della circolazione migliorando continuamente autovetture, veicoli industriali e autobus dal punto di vista sia della sicurezza attiva che di quella passiva. E gran parte delle migliorie apportate dai Costruttori sono state introdotte al di fuori delle regolamentazioni tecniche previste. Anche i costruttori di veicoli industriali hanno largamente contribuito all’aumento della sicurezza della circolazione consentendo una costante riduzione dei morti e dei feriti sulle strade, a fronte di una costante crescita delle tonnellate-chilometro trasportate. I dati dell’Albo Nazionale dell’Autotrasporto dimostrano che i veicoli industriali, che in Italia rappresentano circa il 10% del parco circolante e ben il 20% dei veicoli-kilometro percorsi, sono coinvolti solamente in circa il 7% degli incidenti che avvengono sul territorio nazionale, provocano il 7% dei decessi e solo il 4% dei feriti. È interessante notare come la principale causa di incidente, secondo uno studio di DEKRA – organismo di consulenza indipendente – sia quella legata ai sistemi di frenatura. Con la recente iniziativa promossa da ACI e ANFIA presso l’autodromo di ACI-Vallelunga, con prove in pista che hanno permesso di confrontare il comportamento in situazioni di emergenza di combinazioni autoarticolato dotate dei più recenti dispositivi di sicurezza con quello di combinazioni più anziane che ne sono prive, abbiamo voluto evidenziare proprio l’importanza di intervenire sul rinnovo del parco veicoli industriali e rimorchi, per consentire una maggiore diffusione dei sistemi antibloccaggio ABS e antiribaltamento ESC e, di conseguenza, un aumento dei livelli di sicurezza. È importante, infine, rilevare il peso degli incidenti stradali nell’ambito delle esternalità negative, ovvero dei costi indiretti e sociali, che una «cattiva mobilità » produce. A livello sociale i costi dell’incidentalità (per le spese mediche collegate e per la perdita di produttività delle persone coinvolte in incidenti, oltre al costo dei mezzi di soccorso e del danno alla viabilità) sono di circa 4,2 miliardi di euro su un totale di 53,2 miliardi di euro.

 

 

Eugenio Razelli

Presidente di ANFIA (Associazione Nazionale Filiera Industriale Automobilistica)