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Sostenibilità digitale: il costo ambientale della nuova comunicazione

L’ecosistema digitale è, a livello globale, fautore di un decimo del consumo di energia. Per ogni giga di dati mobili consumato, si contano 7 kWh di energia. A fronte di questo, il consumo di traffico dati è incrementato negli ultimi cinque anni: circa 9,4 GB al mese con un aumento del 441% rispetto al 2016. È necessario stabilire dei confini allo sfruttamento dell’ecosistema digitale impegnandosi a cogliere risoluzioni ad un problema ancora poco evidenziato

Il protagonista della causa è il famigerato smartphone che emette indisturbato una quantità rilevante di anidride carbonica, rilasciandola nell’aria e, sostanzialmente, inquinando. Per ogni giga di dati mobili consumato, si contano 7 kWh di energia; tenendo conto che ogni kWh di energia rappresenta un certo quantitativo esso di CO2 (in Italia 0,30 kg) (fonte). Un concetto che, per l’appunto, è sottovalutato e ignorato la gran parte delle volte, è la mole di danni che l’uso dello smartphone comporta, impattando sull’impronta ecologica e sui nostri consumi. Il consumo di traffico dati è incrementato negli ultimi cinque anni: circa 9,4 GB al mese (es. in Italia 9,1 GB, dunque 68 kWh di energia) ed un aumento del 441% rispetto al 2016.

La digitalizzazione, che da inizio XXI secolo ha stravolto in tutto e per tutto il contemporaneo mondo della comunicazione, e mutato in profondità l’essenza dell’incontro umano, talvolta favorisce nuove aperture, talvolta lascia che sia rimpianto il passato. Essa ha cambiato la quotidianità nelle case come nelle aziende; le ultimissime tecnologie hanno consentito di abbracciare nuovi sistemi produttivi, innovativi e aggiornati, il cui incremento esponenziale ha determinato un’analoga crescita delle analisi dei dati, dunque di consumo energetico di server e data center. Una prima contromisura al fenomeno di inquinamento digitale è il pronunciarsi sulla sensibilità ambientale in questo settore, cosicché programmatori e digital designer siano invogliati ad operare per la sostenibilità nell’ambito del consumo energetico.

Il digitale potrà mai essere sostenibile?

Ogni passo che muoviamo sui social determina uno spostamento continuo dei dati e, con esso, un consumo di energia elettrica, prodotta da fonti non rinnovabili. Secondo Gartner, i dati numerici elencati precedentemente si moltiplicheranno nel giro di cinque anni, e con essi i data center che li custodiscono, fautori di massicce emissioni di CO2. L’ecosistema digitale è – a livello globale – fautore di un decimo del consumo di energia. Cloud privati, come Cubbit (che produrrebbe una ventina di chili in meno di CO2 rispetto ad atri cloud), che mirano a restituire a ciascuna azienda il controllo dei propri server, al fine di costruirne una rete distribuita nel globo, che sia sicura e conveniente (anche per il pianeta), possono essere un’alternativa sostenibile per non privarsi dei servizi telematici e digital che investono i giorni di miliardi di persone. Ma esistono soluzioni che non implichino il riciclo di risorse di dispositivi preesistenti?

Il metodo fai da te

Combattere i comportamenti gravosi nei meriti dell’ambiente eliminando smartphone e navigazione dalla faccia della Terra può dirsi utopia. Nessuno rinuncerebbe a questo, poiché è divenuto negli anni il mezzo di comunicazione, e talvolta di trasporto per quanto efficiente e tecnologico, che rinnova di ora in ora le nostre vite. Senza dubbio, però, è possibile stabilire dei confini allo sfruttamento dell’ecosistema digitale e impegnarsi a cogliere risoluzioni a quello che, senza accorgercene, si palesa un problema.

Come abbiamo visto precedentemente, i data server sono equiparabili a dei macroscopici contenitori di informazioni e dati, che all’aumentare del loro peso (dunque del loro contenuto) emettono una proporzionale quantità di CO2 nell’aria. Ne si può dedurre, dunque, che sia utile eliminare le identità digitali (cosiddetti account) rimasti sconclusionati o mai utilizzati. Un altro concetto che si lega ad alleggerire i data server, è ridurre le dimensioni dei documenti presenti nel proprio account Facebook, nella galleria del proprio cellulare o in qualsivoglia archivio; nonché eliminare del tutto file e applicazioni preservati da una massiccia quantità di energia. Molti imprenditori e programmatori credono, forse ingenuamente o forse basandosi su una leggera utopia, che si possa archiviare una quantità di dati e di informazioni virtuali senza limiti o senza che questo impatti in nessun modo sugli aspetti della vita quotidiana, tantomeno sull’assetto ambientale.

Sostenibile e digitale: aggettivi in antitesi

Si può facilmente dedurre, da questi esempi, quanto la violazione dell’ecosistema digitale sia oramai una prassi snobbata e regolarizzata, poiché etichettata come naturale. Di naturale, in tutto ciò, c’è poco e niente. Volendo fare un altro esempio che si discosti dall’ambito dell’archiviazione e del riciclaggio, ma che sia egualmente parte del discorso di quello che è il valore differenziante della sostenibilità, la progettazione digitale è ritenuto niente di meno che il primo nemico della sostenibilità ambientale e non solo. Il perfetto opposto di quest’ultima. Un primo occhio di riguardo da gettare nei meriti di una sostenibilità digitale effettiva è convincersi che il mondo virtuale della navigazione su internet e delle telecomunicazioni di massa non sia, per così dire, riservato o di competenza differenziata rispetto alle altre industrie. È importante che i criteri di sostegno alla sostenibilità (limite all’uso di materie prime non rinnovabili, l’input al riciclo) siano gli stessi applicati in ciascun settore. Senza dimenticarsi di nessun ambito, ed evitando di considerare la connessione digitale come necessaria all’umano in tutte le circostanze.

[ Maria Vittoria Cocozza ]