Un confronto elettrico-termico e la storica diatriba grande-piccolo, se valutati con attenzione, lasciano spazio a risultati inaspettati che meritano riflessioni costruttive. La scelta di sostituire un veicolo termico con un veicolo elettrico è sempre vantaggiosa in termini di impatti climatici o di qualità dell’aria, persino se il veicolo elettrico è di dimensioni superiori. Anche dal punto di vista dell’investimento iniziale, una elettrica «grande» non costa necessariamente molto di più di una di pari categoria termica. E tra due elettriche, il costo di esercizio in termini di chilowattora effettivi per chilometro può essere più basso per un veicolo grande rispetto a uno piccolo. Di tutto questo, e di altro, ecco il perché…
È un fatto ben noto che il numero dei veicoli circolanti pro capite nel nostro paese supera quello di ogni altro paese europeo, escluso il Lussemburgo. Meno noto è il fatto che l’età media del circolante in Italia aumenta di anno in anno, con gravi inconvenienti per la salute pubblica perché le vetture più anziane, oltre ad essere meno efficienti, furono omologate al tempo secondo una normativa molto meno severa di quella attuale.
L’esigenza di svecchiare il nostro parco macchine quindi è reale, e si scontra con il costo sempre crescente del nuovo, determinato (non solo) dalla spinta all’elettrificazione che è vista come ulteriore aggravio di costi per l’automobilista. Ma è corretto questo ragionamento, che ha assunto toni di vera e propria crociata contro l’elettrico, specie se grande? O magari se ne potrebbe fare uno diverso, è proprio necessario disporre di 2-3 auto in famiglia?

Auto le cui dimensioni medie nel tempo sono lievitate, vi ricordate le belle Fiat 500 e le ancor più belle Mini Minor di una volta?

Per fortuna si è recentemente concretizzata, in quadricicli elettrici come l’Ami della Citroën (foto in basso a sinistra) e la sua gemella Topolino della Fiat (foto al centro in basso), una tipologia di veicoli da sempre presente in Europa e in Cina e, in versione molto migliorata per sicurezza e prestazioni in Giappone, con le «Kei jidosha» (in basso a destra), delle vere micro-vetture.
Il termine è usato nel Sol Levante per indicare una tipologia di vetture molto piccole ma anche a quattro posti, mentre in Europa l’unica Key Car a rientrare in tali dimensioni è stata la primissima serie della smart a due posti (foto a dx). E con batterie così piccole, intorno ai 5 kWh, cui corrisponde un’autonomia di 50 km, l’elettrico è davvero alla portata di tutti. Ma, ovviamente, si tratta di puri veicoli da città, non certo adatti a un uso universale.
Una loro più vasta diffusione, in aggiunta e non in sostituzione all’esistente, potrebbe però far aumentare ancora le dimensioni del parco circolante… a meno che non si rifletta bene su di un concetto troppo spesso dato per scontato: è proprio vero che il concetto “piccolo è bello” vale allo stesso modo per i veicoli a trazione elettrica? Posto che i trasporti pubblici e/o la disponibilità di una mobilità elettrica individuale di livello più basso, pensiamo alle biciclette elettriche, lo consentano, sarà ancora necessaria più di un’automobile per famiglia? E come sarà questa autovettura?
A questo riguardo le sempre più frequenti discussioni sulla crescente quota di mercato di SUV e pick-up si trasformano spesso in crociate contro i veicoli di grandi dimensioni in generale, trattando allo stesso modo i vari tipi di propulsione, e l’assunto degli oppositori suona generalmente “piccolo è bello”. Teoricamente questo è certamente vero, ma ha un effetto pratico? Dipende.
Riportando in un grafico a barre i dati di consumo sul ciclo WLTP (Quattroruote febbraio 2022, i dati sono tra di loro omogenei, quindi…) di alcune delle più diffuse autovetture elettriche sul mercato, dalla più leggera alla più pesante, si vede come questa posizione sia un po’ semplicistica per questo tipo di propulsione.
I 24 modelli «zero emissioni» sono riportati in ordine di peso crescente e, come si vede, i consumi i) sono tutti compresi tra i 13 e i 19 kWh/100 km, quindi con scostamenti piuttosto ridotti, ii) non sono strettamente correlati al peso.
Ad esempio la Opel Corsa-e (1,44 t) consuma (leggermente) di più di una Tesla Model 3 (1,92 t), e la più leggera MINI Cooper SE (ad inizio articolo) consuma più della maggior parte dei SUV/crossover medi, come Tesla Model Y, VW iD4, Hyundai Ioniq 5 (foto sotto partendo da sx a dx).
E questo senza considerare quanto ogni vettura soddisfi, o meno, le esigenze dell’utente, specialmente per quanto riguarda i lunghi viaggi in famiglia.

Infatti, se un’auto viene acquistata solo per uso urbano/regionale (la tipica «seconda auto») si possono certamente trovare modelli piccoli e molto efficienti, ma non appena si vuole fare qualche viaggio un po’ più lungo o serve spazio, è possibile trovare veicoli molto grandi con consumi relativamente elevati e altri che con consumi simili a quelli di macchine più piccole offrono spazi e autonomie decisamente superiori. Si osservi inoltre che la differenza di prezzo tra il termico e l’elettrico diminuisce al salire della classe del veicolo. Mentre per le auto piccole l’elettrificazione comporta un incremento del costo che può non essere accettabile, tra due vetture «grandi» di uguali prestazioni e caratteristiche, l’una termica e l’altra elettrica, non è detto che l’elettrica costi molto di più.
Quindi “piccolo è bello” significa poco, il vero criterio dovrebbe essere “efficiente è bello”, grande o piccolo che sia. Basterà dividere i consumi per il peso, e si vedrà che l’efficienza «dimensionale», misurata in chilowattora/100 km per tonnellata, è infatti molto diversa da vettura a vettura, al punto da influire, e pesantemente come prima visto, anche sui consumi «assoluti», quelli che si verificano nell’uso giornaliero del veicolo.
Quel che succede è illustrato nel successivo diagramma a barre per lo stesso insieme di veicoli precedentemente considerato, riportati in ordine decrescente, dalla vettura «più sprecona», quella che consuma di più per unità di peso, a quella più efficiente, quella «fatta meglio», si potrebbe dire. Casualmente, ma meglio così, sono entrambe dello stesso gruppo automobilistico!
Anche ad un esame superficiale, si direbbe quindi che le meno efficienti spesso sono le più piccole! Questo da cosa dipende?
Innanzitutto, alle normali economie di scala. Guardando infatti i componenti essenziali di un veicolo, esiste una specie di valore minimo della loro massa per una data funzione, a pari tecnologia, che fa sì che aumentare le dimensioni aumenti in maniera meno che proporzionale la massa. Inoltre si vede che spesso le auto meglio riuscite da questo punto di vista sono quelle che «nascono elettriche». E le mediocri prestazioni di molte «piccole» possono anche essere dovute a scelte di progetto e componentistica per contenerne i costi (ma non sempre, basta guardare i consumi di Mini e Honda che non sono certo veicoli «accessibili»)!
Ma c’è anche una forte motivazione tecnologica alla base di questo e risiede in una peculiarità dei mezzi a trazione elettrica, che siano elettrici puri o ibridi non importa, la natura della frenata, che è a «recupero di energia» in entrambe queste tipologie (seppur con forti limitazioni per gli ibridi a causa della piccola batteria) e non solo dissipativa come nei veicoli termici puri.

La frenata a recupero, infatti, consente di minimizzare l’influenza negativa del maggior peso della vettura su una delle componenti principali del consumo di una autovettura nell’uso urbano, ovvero l’inerzia della stessa in fase di accelerazione. Tanto maggiore è il peso, tanta più energia ci vorrà per ripartire e in fase di ripresa, ma parte di questa energia sarà recuperata nei veicoli a trazione elettrica, e solo in questi, nella successiva fase di decelerazione. E a maggior ragione il discorso vale per l’energia spesa per salire e scendere un rilievo, anche se questo fattore non appare nel ciclo WLTP e quindi le differenze reali saranno ancora più a vantaggio degli elettrici.
Quanto appena detto risulta evidente nel grafico che segue, ottenuto riportando i consumi di vari gruppi di mezzi (i consumi assoluti, questa volta, in kWh/100 km) in funzione del peso. Per i gruppi riferiti a macchine a trazione elettrica «pura» e a trazione termica «pura» riportiamo anche l’equazione di interpolazione, mentre per ibride e diesel riportiamo solo gli andamenti, essendo compresi tra i due casi estremi. Ovviamente i veicoli ibridi possono avere nel loro stesso ambito caratteristiche molto differenti, passando da un ibrido «minimo» a un ibrido «plug-in» e danno quindi luogo a una dispersione più elevata dei valori.
Elettrico e termico a confronto: quanto influisce il peso della vettura
Studiando il diagramma si possono fare diverse interessanti considerazioni. Innanzitutto, si notano i consumi energetici TTW (tank-to-wheel, dal serbatoio alla ruota) molto ridotti dell’elettrico rispetto al termico, che ne giustificano i vantaggi ambientali anche in presenza di elettricità non rinnovabile, come vedremo tra poco. Considerazioni e differenze che si quantificano meglio usando l’interpolazione lineare dei dati dispersi per stilare la seguente tabella:

Come si vede, per i consumi di un veicolo elettrico la dipendenza dal peso, rappresentata dalla pendenza della retta interpolante, rimane (com’è fisicamente naturale), ma è 5 volte minore che in un veicolo con motore termico. In breve, il raddoppio del peso per il termico porta a consumi maggiori dello 82%, mentre per l’elettrico porta a un incremento di solo il 16%.

Considerando un incremento di peso del 15%, pari a quello equivalente al cambio di batteria di una Skoda Enyaq (nella foto in alto) tra il modello base da 52 kWh e il modello top da 77 kWh (punti verdi nel grafico), i consumi aumentano solo dello 0,6% contro il 2,7% in più per un’auto a combustione (per esempio scegliendo un motore più potente, considerando solo il peso e non se questo sia a sua volta più o meno efficiente del motore più piccolo, cosa che non ha un equivalente per la batteria).
Diventa quindi chiaro che un veicolo elettrico grande non «paga» molto in termini assoluti l’incremento di peso in termini di consumi, e ci sono diversi fattori che alla fine possono persino farlo risultare più efficiente di uno piccolo.
Tutto questo è dovuto prima di tutto all’enorme differenza di efficienza del sistema propulsivo: dovendo per esempio richiedere 20 kW supplementari di potenza per un minuto per salire una pendenza, il motore a combustione richiederà 1,33 kWh di benzina, mentre all’EV ne basteranno 0,41 di elettricità, cioè circa un terzo. E naturalmente questa forchetta si allarga all’aumentare del peso, e con l’aggressività dello stile di guida. Da notare che i diesel (che hanno motori più pesanti), e gli ibridi (che pagano la presenza a bordo di due powertrain più o meno completi) risultano avere rette interpolanti più ripide che per i veicoli a benzina, anche se giacciono al di sotto dell’interpolante per la benzina grazie alla loro maggiore efficienza, e quindi il vantaggio di queste motorizzazioni decresce con il peso del veicolo.
Inoltre, dopo aver speso una quantità molto minore di energia per accelerare o salire, l’elettrico può anche recuperarne una parte, grazie alla frenata «rigenerativa». Ipotizzando anche solo un 30% di recupero, la spesa totale dell’elettrico diventa un quinto di quanto speso dal motore a combustione, mentre l’eventuale uso del freno motore del modello a combustione può al massimo azzerare il consumo.
Un altro vantaggio viene dall’assenza di consumo energetico in tutte le situazioni di arresto o discesa (se non si rigenera), mentre spesso i motori a combustione continuano a consumare al minimo, una condizione di funzionamento estremamente inefficiente.
La frenata rigenerativa esiste naturalmente anche nelle vetture ibride, ma la sua capacità è fortemente limitata perché la batteria di bordo è in grado di assorbire e restituire solo una parte limitata della potenza (per non danneggiare la batteria) e dell’energia cinetica posseduta dal veicolo in corsa. Pochi kWh (1,3) per la Toyota Prius (nella foto), ma circa la metà realmente utilizzabili, e capacità ancora più risibili per le batterie dei cosiddetti ibridi leggeri, o dovremmo piuttosto chiamarli falsi ibridi (?), cose che sono invece garantite senza problemi dalle batterie da decine di kWh delle elettriche. Ad esempio, una batteria da 300 Wh può assorbire l’energia corrispondente ad una discesa di qualche centinaia di metri, anche per motivi di durabilità.
Un altro fattore che può differenziare auto grandi e piccole è l’aerodinamica, che favorisce i veicoli più lunghi (grazie al maggiore spazio per «affinare» le forme) e penalizza quelli con una maggiore superficie frontale, risultando quindi sfavorevole ai piccoli SUV (o a forme atipiche come quella della Smart), per esempio, e favorevole alle grandi berline.

In termini di componenti, la differenza può venire da scelte di progetto nei motori, nell’elettronica di potenza o in quella per la ricarica. I dati WLTP tengono conto dell’efficienza di quest’ultima, e nemmeno in maniera conservativa, dato che si riferiscono alla potenza di progetto, con differenze del 10% tra un veicolo e un altro, mentre sono noti casi di veicoli che perdono oltre il 20% dell’energia caricando a potenza più bassa. Con questo non si intende confrontare strettamente l’efficienza energetica assoluta, che dipende anche dal tipo di energia usata. Finora infatti abbiamo parlato di chilowattora in termini assoluti, ma dipende anche dal tipo di energia usata.

L’energia elettrica, è infatti, un tipo più «pregiato», che può essere o meno derivato da combustibili fossili. Nel primo caso ci sono ovviamente delle perdite di trasformazione da considerare, per cui sarebbe più appropriato considerare un’analisi dal pozzo alle ruote o addirittura un’analisi del ciclo di vita, come vedremo più avanti. Anticipiamo però che la fase di fabbricazione costituisce solo una piccola parte (circa il 10%) delle emissioni totali sul ciclo di vita risparmiate rispetto ai motori a combustione, anche considerando batterie di dimensioni maggiori.
Nel caso delle rinnovabili, invece, non c’è un consumo di risorse naturali proporzionale alla produzione perché l’unico costo energetico è quello iniziale, d’investimento. In ogni caso, qui si intendono studiare le variazioni relative all’interno delle due classi di veicoli, e quindi queste considerazioni passano al momento in secondo piano.
Concludendo, anche se la fisica conferma che un peso minore è utile a ridurre il consumo di energia, quando l’efficienza è molto elevata l’impatto assoluto può essere molto piccolo, e in certi casi, a causa di altri fattori (frenata recuperativa, aerodinamica, qualità dei componenti ecc.), può non tradursi affatto in un vantaggio globale sul veicolo completo. Se poi si considerano i costi (anche ambientali) da sostenere per tale alleggerimento (per esempio usando alluminio e compositi nella struttura) e gli impatti in termini di emissioni che questi comportano, l’alleggerimento della struttura di un veicolo elettrico può persino risultare negativo sul ciclo di vita, dato che il guadagno ottenuto nella fase di uso è molto più piccolo che per un’auto a combustione.
Altri fattori di scelta specifici per l’elettrico
Un ulteriore modo di analizzare i dati può essere quello di andare vedere l’autonomia autostradale reale, come ha fatto Auto Bild in Germania, percorrendo un tratto a 130 km/h. Di fatto questo rappresenta il tipico caso d’uso «vacanziero» che tanto preoccupa i potenziali clienti di veicoli «tuttofare».

Limitandosi alla pura autonomia, la vincitrice è la Mercedes EQS (foto sotto), con la sua enorme batteria da 107,8 kWh, con cui percorre 444 km, nessuna sorpresa.

Ma è questo il modo migliore di valutare questi veicoli? È chiaro che avere una grande batteria a bordo facilita le cose, ma si paga a caro prezzo (economico, ma anche ambientale per le più alte emissioni incorporate nella batteria), un prezzo spesso ingiustificato se i lunghi viaggi che traggono beneficio da queste batterie XXL sono pochi nel corso dell’anno.
Veicoli come la Audi RS e-tron GT (sopra a sx) o la Tesla Model 3 (sopra a dx) dimostrano ancora come l’efficienza globale sia un parametro più rilevante per la performance ambientale finale. Con batterie da 85 e 75 kWh percorrono rispettivamente 367 e 337 km, con un’efficienza chilometrica di 4,4 e 4,5 km/kWh. Una maggiore efficienza elettrica e aerodinamica di tutto il veicolo facilita quindi i lunghi viaggi senza bisogno di una batteria enorme. Specialmente se si può accorciare la durata del viaggio ricaricando molto velocemente, ma questo sarà un altro articolo…
Qualche considerazione relativa ai consumi “dalla culla alla tomba”
“Ma una batteria e un veicolo grande avranno enormi emissioni nella fase di costruzione”, potrà obiettare qualcuno, “quindi piccolo rimane bello”. Guardiamo rapidamente (una disamina accurata richiederebbe molto più spazio) tutto il ciclo di vita del mezzo, “dalla culla alla tomba”, come si dice. Ma per avere risultati veramente significativi occorre tener conto dell’intensità di CO2 della produzione di elettricità nei vari paesi dell’Unione, invece che la media Europea o addirittura mondiale usate in altri studi poco rappresentativi.
Uno studio per la Commissione Europea di RICARDO plc, società internazionale di consulenza strategica, ambientale e di ingegneria, dimostra come un veicolo elettrico di riferimento risulti superiore all’equivalente a combustione già oggi in tutti i paesi eccetto uno, e la barra grigia (che indica la situazione attesa per il 2030) mostra un ulteriore significativo miglioramento. L’incremento di emissioni dovuto alla fabbricazione della batteria è ben visibile rispetto ai veicoli a combustione, e non è trascurabile (circa il 50% in più), ma contrariamente a quanto certe fonti vogliono far credere, costituisce solo una piccola parte (dal 5 al 10% secondo le dimensioni della batteria) delle emissioni sul ciclo di vita che la presenza di tale batteria fa risparmiare rispetto ai motori a combustione.
In pratica, estrarre poche decine di chilogrammi di materiali (litio, nickel, cobalto, peraltro già oggi riciclati, e ridotti o eliminati in certe chimiche già ampiamente diffuse) permette di risparmiare sul ciclo di vita decine di tonnellate di petrolio da estrarre, trasportare, raffinare e bruciare inefficientemente. Questo vantaggio si estende tanto più quanto maggiore è l’uso di «elettricità decarbonizzata» (raggiungendo potenzialmente l’80% se rinnovabili o nucleare fossero il 100%), e quanto maggiore sarà il chilometraggio della vettura (che ammortizza più rapidamente il «costo carbonico indiretto» della batteria, mentre per le auto a combustione aumentando il chilometraggio si aggiungono solo ulteriori emissioni dirette).

Naturalmente cambiando le dimensioni della batteria, e la tecnologia per la sua fabbricazione, si possono avere maggiori emissioni di gas serra «incorporati» nella batteria, ma data la ridotta incidenza sul risparmio totale di emissioni, anche un incremento del 50% riduce il vantaggio per il clima di meno del 5%. Questo senza considerare che la Commissione Europea sta già legiferando per ridurre le emissioni serra della costruzione della batteria, e imporne il riciclaggio quasi totale. Inoltre va considerato che una batteria più grande sarà in genere scelta per un’auto destinata a percorrere molti chilometri e quindi verrà «ammortizzata» meglio.
In effetti bisogna chiedersi se sia corretto pensare che tutte le auto vengano utilizzate per gli stessi km, come ipotizzato nella maggior parte dei modelli di ciclo di vita, ma anche in questo caso la risposta è no quando si guarda alla realtà. A fine vita una Smart ha generalmente percorso un numero totale di chilometri ampiamente inferiore a una grossa berlina, e questo vale anche per i veicoli elettrici. Di conseguenza le assunzioni sulla durata di vita di molti studi tendono a sopravvalutare il peso delle emissioni delle batterie in fase di costruzione, e a sottovalutare quelle in fase di uso delle auto a combustione (sarà un caso?).
Quest’ultima osservazione, la percorrenza del mezzo a fine vita, ci consente di introdurre un altro tema di grande rilevanza ai fini del confronto «elettrico-termico» e la diatriba «grande/piccolo»: quello della vita della batteria, che in genere si pone semplicisticamente uguale alla vita del mezzo. Ma, osservando quel che già avviene all’estero, può essere addirittura maggiore della vita dell’auto di prima installazione!

Infatti, se le prime auto elettriche avevano batterie in grado di percorrere 120-150 km per carica, e le celle erano garantite per un migliaio di cicli, si poteva ipotizzare una vita di 150.000 km prima di avere una riduzione di autonomia dell’80%, equivalente alla vita media dei veicoli a combustione di piccola taglia.
Una Citroën C-Zero in carica, progetto di oltre dieci anni fa. Il «pacco» batterie assicurava all’inizio una autonomia di 120 km che, con l’utilizzo negli anni della vettura, è sceso considerevolmente anche a causa dei problemi sorti con le «celle»; per quest’ultime la Direzione francese di Stellantis, contrariamente a quella italiana – nonostante tale problema fosse sorto già 6 anni prima – non ha ravveduto i termini per un intervento di sostituzione.
Oggi nello stesso volume a bordo è facile trovare batterie da 3/400 km e più, quindi ci si può attendere una vita di oltre 300/400.000 km (per semplicità, in realtà anche di più perché anche il numero di cicli garantiti è comunque in costante crescita). Questo dato viene confermato abbondantemente dall’esperienza sul campo delle Tesla (foto in basso durante la ricarica) più anziane.

Ma la definizione standard di «vita» non presuppone la «morte» della batteria, ma una degradazione convenzionale della capacità pari al 70/80%, è dunque facile comprendere che se questa degradazione poteva forse convincere il proprietario a rottamare l’auto quando l’autonomia era di circa 150 km, con un’auto da 400 km il degrado delle batterie lascia ancora un veicolo perfettamente utilizzabile per altri anni in applicazioni meno esigenti, magari da un altro utente. Tanto che Volkswagen sta pensando di riprendere le auto con batteria degradata e rimetterle sul mercato in leasing per usi meno impegnativi ma fattibili anche con una batteria al 50% della capacità.
Infine, è corretto porre che il costo energetico ed ambientale della fase di costruzione della batteria si debba «scaricare» solo sull’uso su strada, come nella maggior parte degli studi LCA? Certo che no, considerando le possibilità di ammortizzarne una parte considerando anche il riuso della batteria per l’accumulo «a terra», stazionario, che ha una valenza sia ambientale sia economica.
A tale proposito citiamo tra i tanti un esempio che viene dal Giappone, dove danno una seconda vita «ferroviaria» per le batterie esauste della Nissan LEAF (foto sotto).

La Casa automobilistica ha infatti siglato un accordo con la East Japan Railway Company per un loro riutilizzo come accumulatori di energia di riserva dei passaggi a livello. Una risposta in termini di riduzione di impatto ambientale, visto che non occorrerebbe sprecare nuova energia e materiali per produrne di nuove, ma anche in termini economici e gestionali:
- Il tempo di ricarica, nel caso delle batterie riciclate, sarebbe comunque di un terzo inferiore rispetto alle attuali piombo-acido.
- La durata di una decina di anni, rispetto ai 3-7 delle batterie al piombo.

Conclusioni
Alla fine dei conti, dunque, il vero problema, da un punto di vista pragmatico, è quale obiettivo vogliamo perseguire con le nostre politiche?
È facile capire che la sostituzione dei veicoli più pesanti (inclusi quelli commerciali, di cui si parla troppo poco) e delle flotte aziendali dovrebbe essere la massima priorità, anche a livello di incentivi, dati gli alti chilometraggi che amplificano i vantaggi sulle emissioni marginali riducendo l’incidenza delle emissioni di fabbricazione.

Considerando il mercato e i danni che le auto fanno all’ambiente e a noi cittadini (emissioni di gas serra e tossici), è vero che per i veicoli privati auto di minori dimensioni e masse sono senz’altro preferibili per le auto a combustione, dove l’inefficienza dei motori amplifica le emissioni e le perdite dovute alla massa e all’aerodinamica. Ma questo non è altrettanto vero per le auto elettriche, come si è visto. Considerando la sostituzione di un qualsiasi veicolo a combustione con equivalenti modelli elettrici, date le limitate variazioni di consumo, la scelta di sostituirlo con un veicolo elettrico è sempre vantaggiosa in termini di impatti climatici o sulla qualità dell’aria, persino se il veicolo elettrico è di dimensioni superiori. E anche dal punto di vista dell’investimento iniziale, una elettrica «grande» non costa necessariamente molto di più di una di pari categoria termica, mentre il costo di esercizio in termini di chilowattora come abbiamo visto può persino essere più basso di una elettrica più piccola.
Se scegliere un veicolo elettrico piccolo, sotto casa, porta poi ad avere due vetture, mantenendo una grande (peggio ancora a combustione) per i viaggi, il risultato finale è assolutamente svantaggioso: il veicolo grande a combustione è proprio quello che ha il massimo divario di consumo ed emissioni, mentre si suddividono i chilometri percorsi e quindi si ammortizza meno la batteria del veicolo elettrico. Se il secondo veicolo è anch’esso elettrico, le emissioni totali sul ciclo di vita dei due veicoli restano svantaggiose, meglio usare il veicolo più grande elettrico per tutti gli spostamenti, oppure considerare l’uso di veicoli più piccoli in car sharing per usi occasionali, la bicicletta o i mezzi pubblici. Se proprio si vuole la seconda vettura, meglio sceglierne una con batteria piccola.
Quindi, comunque la si pensi su basi puramente teoriche se non ideologiche, un’unica vettura che sia elettrica per quanto grande, a fine vita sarà costata di meno al cittadino (e alla società) che averne due sottoutilizzate.
[ Maurizio Maggiore[1], Giovanni Pede[2] ]
[1] Responsabile per le politiche sui veicoli a basse e zero emissioni alla DG Ricerca, Commissione Europea. Le opinioni qui espresse sono esclusivamente dell’autore e non riflettono necessariamente l’opinione ufficiale della Commissione Europea
[2] Già responsabile dei laboratori automotive dell’ENEA
























































