Il Rapporto 2014 sui siti inquinati, un’indagine aggiornata dell’Istituto superiore di sanità denuncia un eccesso di mortalità e di patologie tumorali, sottolineando l’urgenza di interventi di bonifica
La fotografia che emerge dall’ultima indagine aggiornata dell’Istituto Superiore di Sanità sui siti inquinati del nostro paese, nel Rapporto SENTIERI 2014 ad essi dedicato, non può che allarmare chi ha a cuore non soltanto la salubrità dell’ambiente ma anche la salute umana e animale che dall’inquinamento traggono danni e degenerazioni. Quello che appare chiaro come si continui a registrare un «eccesso» di mortalità, di ricoveri e di casi di tumore nei Siti d’interesse nazionale per le bonifiche (SIN), in quelli a rischio per l’inquinamento ambientale, mentre nei luoghi dove vi è stata lavorazione dell’amianto aumentano i casi tumorali di mesotelioma pleurico polmonare. Da Nord a sud, dal Piemonte alla Puglia, arrivano purtroppo solo conferme di quanto sia alto il rischio per la salute dei cittadini.
Il Rapporto «SENTIERI sugli insediamenti a rischio da inquinamento», finanziato dal ministero della Salute e coordinato dall’Istituto superiore di sanità (ISS), traccia un profilo impietoso per i poteri pubblici e per gli stessi attori governativi ai quali è imputata l’attenzione e la predisposizione degli interventi. Il direttore del Dipartimento Ambiente-Prevenzione dell’Iss Loredana Musmeci, ha precisato che “sono stati 18 sul totale di 44, i siti oggetto di indagine perché soltanto su di essi sono attualmente disponibili i Registri tumori, che – un dato anche questo preoccupante – ad oggi ancora non sono previsti e uniformemente presenti su tutto il territorio nazionale”.
Dalle cifre si evince che la mortalità è stabile rispetto al Rapporto precedente nel 2010/11. La novità di questo nuovo studio, pubblicato sul sito dell’Associazione italiana di epidemiologia, sta però nell’aver analizzato anche altri parametri come, appunto, le schede di dimissioni ospedaliere e l’incidenza generale dei casi di tumore. Quel che emerge è allarmante: “un eccesso di morti, ricoveri e tumori in tutti i 18 siti di interesse nazionale considerati, con un aumento dei tumori da amianto”, afferma la Musumeci. Solo questo dato, già dà la misura di quanto occorre fare, ossia l’urgenza di azioni mirate considerato che, sottolinea la Musmeci: “c’è un rischio emergente per la salute della popolazione”. Giova ricordare che l’amianto e le sue varie composizioni nelle quali si trova nei materiali da costruzione è ancora presente in gran parte del paese nonostante decenni di azioni volte ad eliminarlo. Una bomba innescata, dunque! Il primo passo sono dunque le bonifiche ambientali in tutti i siti, anche se, precisa la Musumeci: “l’eccesso nei casi di tumori può essere dovuto a più fattori e non solo a quello dell’inquinamento ambientale”.
Qualche dato di raffronto con il precedente Rapporto può essere illuminante. Nello Studio del 2010/11 veniva documentato un eccesso di incidenza per cancro nelle stesse aree pari al 9% negli uomini e al 7% nelle donne. Nel nuovo rapporto, per il tumore della tiroide in alcuni SIN, sono stati rilevati incrementi per quanto riguarda sia l’incidenza (Brescia-Caffaro: + 70% per gli uomini, +56% per le donne; Laghi di Mantova: +74%, +55%; Milazzo: +24%, +40%; Sassuolo-Scandiano: +46%, +30%; Taranto: +58%, +20%) sia i ricoveri ospedalieri. L’analisi dei dati riguardanti l’incidenza oncologica e i ricoveri ospedalieri, in aggiunta a quelli sulla mortalità, è determinante. Quando si ha a che fare con patologie ad alta sopravvivenza, infatti, lo studio della sola mortalità porterebbe a sottovalutarne l’impatto effettivo.
Sempre grazie alle analisi dell’incidenza oncologica e dei ricoverati, inoltre, a Brescia-Caffaro sono stati osservati eccessi per quei tumori che la valutazione della Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro dell’OMS (IARC) del 2013 associa certamente (melanoma) o probabilmente (tumore della mammella e per i linfomi non-Hodgkin) con i PCB (policlorobifenili), principali contaminanti nel sito. L’incidenza di melanoma, infatti, rivela un eccesso del 27% e del 19% rispettivamente tra gli uomini e le donne, mentre i ricoveri ospedalieri per la medesima malattia fanno registrare un eccesso del 52% nel sesso maschile e del 39% in quello femminile.
Dati spaventosi! Ancora: eccessi per mesotelioma e tumore maligno della pleura si registrano invece nei SIN siciliani di Biancavilla (CT) e Priolo (SR), ma anche nei Siti con aree portuali come Trieste, Taranto, Venezia e con attività industriali a prevalente impronta chimica (Laguna di Grado e Marano, Priolo, Venezia) e siderurgica (Taranto, Terni, Trieste). A Porto Torres (Sassari), inoltre, si registrano eccessi di mortalità, incidenza oncologica e ricoveri per malattie respiratorie e tumore del polmone.
Tra le novità introdotte nel nuovo rapporto vi è la presentazione del profilo di rischio oncologico per le popolazioni dei Siti di interesse nazionale per le bonifiche (SIN) il cui scopo è identificare, tra le lunghe liste di rischi relativi fornite per ognuno dei siti, una sintesi dei risultati che sia utile per identificare priorità generali per azioni di sanità pubblica. Viene peraltro esclusa l’utilità di uno screening generale di tutti i siti. Ognuno va affrontato da solo per le sue peculiarità e separatamente.
Dall’analisi del profilo di rischio oncologico risulta anche una maggiore incidenza di tumore del fegato in entrambi i generi riconducibile, in termini generali, a un diffuso rischio chimico nei SIN.
Ma non si tratta solo di tumori. Per esempio, nel SIN Basso bacino del fiume Chienti sono emersi eccessi per le patologie del sistema urinario, in particolare le insufficienze renali, che inducono a ipotizzare un ruolo causale dei solventi alogenati dell’industria calzaturiera. Sempre per le patologie renali è stato suggerito un approfondimento nel SIN di Taranto.
Nel SIN di Porto Torres (SS) si registrano eccessi in ambedue i sessi e per tutti gli esiti considerati (mortalità, incidenza oncologica, ricoveri ospedalieri) per patologie come le malattie respiratorie e il tumore del polmone, per i quali si suggerisce un ruolo delle emissioni di raffinerie e poli petrolchimici; per le stesse patologie rilevate a Taranto è stato suggerito un ruolo delle emissioni degli stabilimenti metallurgici.







































