La Sardegna può raggiungere l’autosufficienza energetica al 100% da fonti rinnovabili entro il 2030. Lo sostiene uno studio, frutto della collaborazione tra il Politecnico di Milano, l’Università di Cagliari e l’Università di Padova. L’analisi esamina i requisiti necessari per sostituire le fonti fossili con solare, eolico, biogas e sistemi di accumulo. La strada è tracciata, ma occorre un serio impegno politico
Uno studio condotto dal Politecnico di Milano, insieme all’Università di Cagliari e all’Università di Padova, e commissionato dal Coordinamento FREE, ha confermato che la Sardegna ha tutte le potenzialità per diventare completamente autosufficiente dal punto di vista energetico entro il 2030, utilizzando solo fonti rinnovabili. L’analisi, che si inserisce nel quadro della transizione energetica, ha evidenziato che il sistema elettrico dell’isola potrebbe operare esclusivamente con energie rinnovabili, senza l’utilizzo di centrali a combustibili fossili.
“Lo studio dimostra in modo scientifico e inequivocabile che una generazione elettrica ottenuta con sole rinnovabili è possibile a fronte di un basso impatto sul territorio e indubbi vantaggi ambientali ed economici. È quindi importante che i decisori politici favoriscano la realizzazione di un tale scenario oggi purtroppo compromesso dalla attuale Legge Regionale sulle Aree Idonee e che, contestualmente, evitino la riconversione delle attuali centrali a carbone, che produrrebbe solo costi inutili e aggiuntivi a carico di cittadini e imprese”, afferma Attilio Piattelli, Presidente del Coordinamento FREE.
Arturo Lorenzoni, dell’Università degli studi di Padova aggiunge “con rinnovabili e accumuli, si prevede che il prezzo zonale dell’energia elettrica calerà del 39% in pochi anni, da una media di 108,3 euro per MWh nel 2024 a 66,4 €/MWh nel 2030. I maggiori costi iniziali di investimento per sviluppare le rinnovabili saranno più che compensati da costi di esercizio degli impianti nettamente inferiori rispetto alle fonti fossili. Nel completamento dello studio, saranno anche stimati gli impatti sociali e occupazionali degli scenari prospettati”.
Il progetto prevede un aumento significativo della capacità installata di energia solare ed eolica, con 5,6 GW aggiuntivi di fotovoltaico e 3 GW di eolico. Questo incremento servirà a soddisfare l’inaspettato aumento della domanda di elettricità, derivante dalla crescente elettrificazione dei consumi civili, dei trasporti e dei processi industriali, senza dimenticare il supporto di un sistema di accumulo energetico per gestire la variabilità delle rinnovabili. L’obiettivo è anche quello di ridurre al minimo l’uso di gas naturale liquefatto (GNL), che continuerà a essere utilizzato solo per i processi industriali ad alta temperatura.
Le infrastrutture necessarie
Secondo i ricercatori, il raggiungimento di questi obiettivi richiede il rafforzamento delle infrastrutture esistenti, compresa la Rete di Trasmissione Nazionale (RTN), e la costruzione del Tyrrhenian Link, un elettrodotto sottomarino che collegherà la Sardegna alla rete elettrica continentale. Inoltre, si prevede l’utilizzo di sistemi di accumulo avanzati, con 14 GWh di capacità, che garantiranno la stabilità del sistema anche in caso di calo della produzione da rinnovabili. Un altro aspetto fondamentale per il successo di questo scenario è l’uso del biogas. Già oggi, in Sardegna, la produzione di biogas può coprire il 10% della domanda di gas per usi termici nell’industria, ma la sua potenzialità potrebbe essere ancora più ampia, grazie alla valorizzazione dei sottoprodotti agricoli, come quelli derivanti dalla filiera della barbabietola da zucchero.
Adottare questo modello comporterebbe anche un notevole beneficio economico per le famiglie sarde. Secondo lo studio, grazie all’efficienza dei sistemi elettrici e alla riduzione dei costi dell’energia, le famiglie potrebbero risparmiare fino al 20% sulla loro bolletta, con una riduzione del 39% del prezzo dell’elettricità nel giro di pochi anni. Inoltre, l’obiettivo di ridurre le emissioni di CO2 sarebbe altrettanto significativo, con una diminuzione del 62%, grazie alla decarbonizzazione del sistema elettrico e al recupero dell’industria dell’alluminio.
Piero Gattoni, Presidente del CIB dichiara: “Lo studio conferma il ruolo strategico del biogas agricolo all’interno del sistema energetico regionale. In Sardegna, già oggi, il biogas prodotto localmente può coprire il 10% della domanda di gas per usi termici industriali, ma il potenziale è ancora più ampio se si considera la valorizzazione dei sottoprodotti agricoli dell’isola – pensiamo, ad esempio, alla filiera della barbabietola da zucchero. Puntare sul biogas e biometano significa rafforzare la sostenibilità e la competitività del sistema energetico sardo, ridurre le emissioni e offrire nuove opportunità a distretti produttivi, aziende agricole e territori. La transizione ecologica dell’isola può partire dal potenziale energetico delle aziende agricole sarde, creando nuove opportunità di sviluppo tecnologico per una maggiore sicurezza e indipendenza energetica”.
Il ruolo della politica nella realizzazione della transizione
Maurizio Delfanti, del Politecnico di Milano, sottolinea che l’ambizioso scenario del 100% rinnovabile richiede un impegno politico chiaro e deciso. “I gruppi termoelettrici, anche se riconvertiti a GNL, hanno grandi difficoltà a trovare spazi adeguati sia nel mercato dell’energia sia nel mercato dei servizi. Sulla base dello studio, non appaiono quindi giustificabili investimenti nella riconversione delle centrali termoelettriche, poiché questi non sarebbero remunerativi e rischierebbero di essere caricati come costi aggiuntivi sulle bollette”.
Fabrizio Pilo, dell’Università di Cagliari, aggiunge che la stabilità del sistema elettrico sarà garantita dalla combinazione di fonti rinnovabili e accumuli, con il supporto di connessioni innovative ad alta tensione che collegheranno la Sardegna al resto della rete elettrica nazionale.
“Lo studio, elaborato da tre membri del Comitato Tecnico Scientifico di ITALIA SOLARE, evidenzia in modo rigoroso come, con una combinazione efficiente di fonti rinnovabili e sistemi di accumulo, sia possibile coprire integralmente i consumi elettrici della Sardegna. Il mix tecnologico proposto dimostra che la transizione verso un sistema elettrico 100% rinnovabile è tecnicamente fattibile e può garantire sicurezza, flessibilità e costi competitivi. La Regione ha tutte le condizioni per diventare un laboratorio avanzato di transizione energetica, puntando su fotovoltaico, eolico e accumuli. Occorre ora una visione politica chiara, capace di mettere al centro l’interesse dei cittadini e del territorio, superando ogni retorica contraria al cambiamento”, commenta Paolo Rocco Viscontini, Presidente di Italia Solare.
Prospettive future: l’idrogeno e la piena decarbonizzazione
Lo studio non si limita al 2030: in una fase successiva, gli autori esploreranno anche l’introduzione dell’idrogeno prodotto da fonti rinnovabili, uno strumento che potrebbe giocare un ruolo cruciale nella completa decarbonizzazione del sistema energetico dell’isola entro il 2050.
Il completamento dello studio, che includerà una valutazione degli impatti sociali e occupazionali, è previsto per la fine di maggio 2025. Tuttavia, i risultati finora ottenuti offrono un quadro chiaro: la Sardegna ha tutte le carte in regola per diventare un modello di transizione energetica, puntando su solare, eolico, biogas e sistemi di accumulo, con un impatto minimo sul territorio e ampie opportunità di sviluppo economico.
Tuttavia, per trasformare questa visione in realtà, è necessaria una strategia politica lungimirante che metta in primo piano l’interesse del territorio e dei cittadini. I vantaggi economici, ambientali e occupazionali di questa transizione sono evidenti, ma richiedono un impegno collettivo per superare le resistenze e realizzare il cambiamento.
[ Maria Vittoria Cocozza ]