di Fabio Orecchini • Lo sviluppo dell’auto elettrica avviene ad un ritmo veloce. Prospettive e limiti di una soluzione che apre il campo anche ad altre tipologie di prodotti
Ad alcuni sembrerà un dejà vu, l’auto elettrica è di nuovo al centro dell’attenzione. Alla base di questa rinascita ci sono tre fattori principali. Il primo è la voglia sempre più esplicita della società, della politica, e quindi ben presto del mercato, di avere su strada auto con minori emissioni. Anzi, con emissioni pari a zero. Il secondo è il successo tecnologico delle auto ibride, dotate di motore a combustione interna ma anche di batterie e uno o più motori elettrici.
Quella delle ibride non è ancora la storia di un successo commerciale, visto anche il limitato numero di modelli sul mercato. Ma è senz’altro già la storia di un successo ingegneristico, perché quei sistemi descritti da molti come troppo complessi, costosi e delicati stanno dimostrando su strada, in tutte le aree nelle quali sono diffusi, di avere un’affidabilità addirittura superiore a quella delle auto «convenzionali», di poter garantire guadagni a chi ha deciso di immetterli sul mercato e di far ottenere, nelle giuste condizioni di impiego, risparmi in termini di combustibile ed abbattimenti delle emissioni. Solo una maggiore elettrificazione dell’auto può aumentare ulteriormente efficienze, prestazioni, stabilità, manovrabilità e controllo del veicolo fino a non consumare affatto combustibili fossili e a non emettere nessuna sostanza inquinante dal tubo di scappamento. Il terzo fattore di rilancio dell’auto elettrica arriva dal di fuori del mondo dell’auto. Si tratta della grande diffusione e del successo tecnologico delle batterie al litio, ormai presenti in pratica nelle tasche o nelle borse di tutti, visto che sono largamente utilizzate per alimentare telefonini, palmari, computer portatili, lettori MP3. L’enorme mercato creatosi con le applicazioni portatili ha fatto confluire sulle attività di ricerca e sviluppo delle batterie al litio enormi capitali, capaci di accelerare la tecnologia a tal punto da averla spinta a cercare di invadere altri mercati, come quello nascente dell’auto ibrida e quello potenzialmente mai scomparso dell’auto elettrica. Anche qui niente di inaspettato, tenuto conto delle alte performance e dei bassi costi raggiunti in questi ultimi decenni dai componenti elettrici ed elettronici.
Le auto elettriche: ibride, a batterie, a idrogeno
L’elettrificazione dell’auto procede quindi a ritmo sempre più veloce. Anche lo sviluppo dell’auto a idrogeno con celle a combustibile, essendo a trazione elettrica, segue questa direzione. Non sono pronte per la commercializzazione e l’idrogeno non è ancora disponibile ma rappresenta un altro elemento a favore dell’elettrificazione, che ne avvicina la possibile futura commercializzazione in alternativa o in parallelo rispetto ad auto ibride ed auto elettriche a batterie. Dire auto elettrica oggi, insomma, significa aprire il campo a diverse grandi famiglie di prodotti, quelli con tecnologia ibrida ed ancora un motore a combustione interna alimentato da combustibili fossili a bordo, quelli che funzionano soltanto grazie a batterie ricaricabili dalla presa della corrente, ed anche quelli a idrogeno con celle a combustibile, che altro non sono che generatori di elettricità.
L’auto elettrica dell’immediato futuro non è ancora a idrogeno, ma è elettrica a batterie per i mercati urbani ed ibrida plug-in per chi vuole mantenere un utilizzo extra-urbano. La plug-in è un’auto ibrida (con motore a combustione interna, batterie e motori elettrici) che offre anche – come principali differenze rispetto alle ibride attuali – la possibilità di ricaricare le batterie di bordo dalla presa elettrica e la capacità di garantire una trazione soltanto elettrica per un raggio d’azione sufficiente almeno per gli spostamenti medi quotidiani in città, quindi da un minimo di quindici ad un massimo che può superare i cento chilometri.
Guardando alle reali possibilità di mercato, in prima fila verso l’auto ibrida plug-in con trazione a grande componente elettrica ci sono General Motors e Toyota. Con soluzioni di bordo molto diverse ma ormai con la stessa tecnologia annunciata per le batterie, quella degli ioni di litio. Chevrolet Volt, Opel Ampera hanno mostrato negli ultimi quindici mesi gli obiettivi GM, dichiaratamente orientati ad un’introduzione sul mercato tra il 2010 ed il 2011. Toyota ha già oggi su strada flotte dimostrative di Prius ibride plug-in in Giappone, USA ed Europa. E per lo stesso periodo che va dal 2011 al 2012 ne ha annunciato l’arrivo sul mercato con la nuova tecnologia al litio per gli accumulatori. Sempre dal 2011 arriverà anche il sistema ibrido di Peugeot e Citroën, senza plug-in ma con autonomia in solo elettrico probabilmente significativa. BMW e Mercedes dal 2009 hanno sul mercato auto ibride. Poi ci sono gli outsider, come la Fisker o la Tesla, auto super-sportiva made in California oggetto del desiderio della «silicon generation». E le cinesi appena spuntate all’orizzonte, con in testa la Byd o le city-car elettriche per le quali si aprirebbe un mercato se le città più inquinate decidessero di chiudere le loro porte ad ogni veicolo inquinante. In questo caso per i carrozzieri italiani, come già fatto intravvedere dall’annuncio dell’alleanza Pininfarina-Bollorè, si prospetterebbe uno spiraglio di nuovo mercato.
I limiti dell’auto elettrica
Un’auto sempre più elettrica, quindi, sta arrivando per davvero ed è il caso di comprenderne subito i limiti. I due grandi problemi rimangono il fattore economico, che dipende dalla capacità di produrre batterie a costi contenuti, e quello prestazionale, che dipende da tempi di ricarica, autonomie di marcia, affidabilità. La competitività economica è molto vicina per i modelli ibridi e particolarmente per i costruttori che li commercializzano da più tempo, cioè in primo luogo i marchi giapponesi Toyota, Lexus e Honda. Ma è ottenuta con modelli con ridotta autonomia in solo elettrico e quindi un limitato pacco batterie.
La partita dei costi, al momento, è molto incerta. Nessun automobilista, infatti, vuole più che l’auto inquini. Ma nessun automobilista è disposto a spendere di più di quanto spende oggi per un modello di pari taglia e pari prestazioni. Si stanno così per confrontare sul mercato nuove formule di possesso del veicolo, legate a canoni di affitto, leasing, proprietà del veicolo ma non delle batterie. Le migliori menti del marketing si stanno spremendo le meningi in proposito e se l’equazione quadrerà, allora l’auto elettrica avrà successo. In campo a brevissimo termine ci saranno le giapponesi Mitsubishi e Nissan, le europee Citroën, Peugeot, Renault, Smart. Sul versante prestazioni, gli elementi critici sono i tempi di ricarica e l’autonomia garantita da ogni ricarica. Qui la strategia è chiara, le auto a batterie vengono indirizzate ad un utilizzo urbano. E le autonomie promesse, dell’ordine dei 150-200 chilometri, se mantenute su strada sono assolutamente sufficienti. Per i tempi di ricarica però non è la stessa cosa, perché rimangono di 5-8 ore se si fa ricorso ad una presa a bassa tensione. E vanno perciò fatti coincidere con analoghi tempi di parcheggio, tipici del rimessaggio notturno e della sosta sul luogo di lavoro. Sarà in queste due direzioni che si muoveranno gli operatori elettrici, già chiamati in causa dalle Case automobilistiche e dai Comuni. Con in più la possibilità di ricariche veloci ad alta tensione, da realizzare però in luoghi adeguati e con la supervisione di un addetto. O di cambio in pochi minuti dell’intero pacco batterie in apposite stazioni di servizio, cioè la strada intrapresa dalla società californiana Better Place nei suoi «progetti pilota» in Israele ed in Danimarca con il Gruppo Nissan-Renault.
Alla base dell’auto elettrica a batterie come viene ipotizzata oggi c’è moltissima tecnologia made in Japan, ma non è tutto. Le metropoli giapponesi, prime tra tutte le megacittà di Tokyo e Osaka, hanno un modello organizzativo e delle infrastrutture di trasporto tali da rendere realmente possibile fin da subito l’integrazione tra auto, mezzi collettivi, sistema informativo e sistema energetico assolutamente necessaria per il successo della nuova generazione di automobili. Nella mobilità sostenibile, come viene ormai universalmente definita la nuova frontiera del trasporto, capace di far spostare agilmente ed in maniera efficace persone, merci ed informazioni senza per questo causare danni o mutazioni indesiderate ed irreparabili all’ambiente naturale ed alle stesse condizioni di vita degli esseri umani, c’è senz’altro spazio per l’auto. Le sue caratteristiche in termini di libertà di movimento, di indipendenza e privacy dei comportamenti sono insostituibili e saranno sempre desiderate dalla società. Ma perché le quattro ruote possano essere dispensatrici di mobilità sostenibile è necessaria la loro integrazione con un sistema di trasporto collettivo su gomma e su rotaia urbano ed extraurbano.
L’utilizzo condiviso dell’auto, detto oggi car sharing, prevede che molte persone possano arrivare al punto di disponibilità delle vetture in maniera semplice e la rete ferroviaria e delle metropolitane delle città giapponesi si presta benissimo a questo scopo. Perché i veicoli di car sharing possano essere elettrici, serve una disponibilità di elettricità che in molti Paesi è alla base del modello energetico. Oggi la scelta è quella di andare sempre più verso le fonti rinnovabili. E il contesto del «tutto elettrico» per l’accesso all’energia di privati ed aziende si integra con le nuove opportunità individuate nelle energie rinnovabili, nei biocombustibili, e per il futuro nell’idrogeno.
In questo scenario crescono competenze ed esperienze molto forti, come quella delle stazioni di ricarica veloce ad alta tensione per auto elettriche, in via d’installazione soprattutto in Giappone ed in modo particolare a Tokyo da parte della Tepco (Tokyo electric power company) e di molti altri operatori del mercato dell’elettricità. Su queste operazioni di crescita della rete di ricarica veloce, quella che permette di ricaricare le batterie per l’80% della loro capacità in meno di mezz’ora, stanno prendendo forma le esperienze su strada di tutti i costruttori nazionali del Sol Levante. La city-car elettrica a batterie Subaru R1e, circolante soltanto in Giappone, ma anche le Mitsubishi i-Miev e le Nissan LEAF in arrivo in Europa già nel 2010, stanno macinando chilometri e facendo maturare esperienza ai Costruttori proprio grazie a questi progetti.
A Tokyo trova spazio anche l’ipotesi della Better Place di installare stazioni di cambio veloce delle batterie, invece che di ricarica, che sta per far nascere a gennaio del prossimo anno nel frequentatissimo quartiere di Roppongi il primo punto attrezzato, grazie ad un accordo con la Nihon Kotsu, cioè più grande società di taxi della capitale giapponese.
Fabio Orecchini