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Cambiamento climatico, passo decisivo

Cina-USA accordo clima

Stati Uniti e Cina hanno siglato la ratifica degli accordi presi nella COP21 di Parigi, accelerandone l’entrata in vigore

Una stretta di mano storica per scongiurare quella che potrebbe diventare una vera e propria catastrofe ambientale. Ad Hangzhou, in Cina, in occasione del vertice G20 il Presidente cinese Xi Jinping e quello statunitense Barack Obama hanno siglato – per conto dei rispettivi Paesi – il documento di ratifica dell’accordo della COP21 di Parigi, la Conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico tenutasi nella capitale francese a novembre 2015. 

La lunga strada per arrivare a Parigi

La Conferenza di Parigi rappresentava l’ultima chiamata per raggiungere un accordo vincolante a livello globale per combattere il climate change. Il percorso fino alla COP21 è stato infatti lastricato di insuccessi, a partire dal Protocollo di Kyoto. Il trattato redatto in Giappone nel 1997 prevedeva l’obbligo per i Paesi industrializzati di ridurre, nel periodo 2008-2012, le emissioni di gas serra in una misura non inferiore al 5% rispetto a quelle registrate nel 1990. Benché ratificato nel corso degli anni da 175 Stati, l’accordo fu sostanzialmente inefficace dato che il documento non fu siglato dagli Stati Uniti (a quei tempi i principali produttori di gas serra al mondo) e non imponeva obblighi di riduzione a quei Paesi (i cosiddetti BRICS, tra cui la Cina) considerati all’epoca in via di sviluppo e che hanno aumentato nel corso degli anni le emissioni di CO2 in maniera esponenziale.

cop21 partecipanti

Dopo diversi altri tentativi falliti (da Copenhagen a Doha), i grandi assenti di Kyoto si sono finalmente seduti al tavolo di Parigi con propri obiettivi di riduzione. La conferenza ha interessato quindi i produttori del 97% delle emissioni globali, mentre a Kyoto erano soltanto il 12%. Quattro i punti fondamentali dell’accordo parigino: contenimento dell’aumento di temperatura globale entro 1,5 gradi, stop all’incremento delle emissioni di gas serra, verifica degli obiettivi ogni 5 anni e versamento di un contributo ai Paesi meno abbienti per aiutarli a sviluppare energia in maniera sostenibile. Alcune di queste disposizioni sono vincolanti a livello legale, mentre ad altre è possibile aderire su base volontaria.

“Se c’è una volontà e una visione e se Paesi come Cina e Stati Uniti sono pronti a dare il buon esempio, allora è possibile creare un mondo più sicuro, prosperoso e libero di quello che ci è stato lasciato” ha dichiarato Obama. “Sono convinto che l’accordo di Parigi sia un punto di svolta per il nostro pianeta e che l’impegno che prendiamo oggi passerà alla storia come un momento decisivo”. Per Xi, “la nostra risposta al cambiamento climatico influenzerà il futuro delle persone e il benessere del genere umano”. Il Presidente cinese ha inoltre auspicato che la ratifica dei due Paesi possa dare il buon esempio alle altre nazioni per l’assunzione di provvedimenti concreti contro il cambiamento climatico. Barack Obama e Xi Jinping hanno consegnato simbolicamente i documenti di ratifica al Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, che ha commentato: “Avete dato un forte impulso per far entrare in vigore l’accordo. Sono ottimista sul fatto che possiamo arrivarci prima della fine di quest’anno”, con largo anticipo rispetto alla tempistica prevista.

Sottoscritto lo scorso dicembre da 195 Paesi, l’accordo di Parigi potrà entrare in vigore in seguito alla ratifica di almeno 55 Paesi che producano il 55% delle emissioni globali. A oggi, con USA e Cina – che insieme producono il 38% delle emissioni di gas serra complessive – sono 23 i Paesi ad aver ratificato l’accordo. 

Unione Europea e Italia

L’Unione Europea ha stabilito una serie di obiettivi da raggiungere entro il 2030: riduzione del 40% delle emissioni di CO2, incremento del 27% dell’efficienza energetica e raggiungimento di almeno il 27% di rinnovabili nel mix di generazione continentale. Alla luce del traguardo ancora più ambizioso (1,5 gradi centigradi) posto dalla COP21, i target europei dovranno essere rivisti a rialzo, ma il trend sembra essere positivo. Lo conferma il report redatto dall’Agenzia Europea per l’Ambiente (European Environment Agency – EEA), l’organismo UE che monitora il settore ambientale. Il documento aggiorna ogni anno i dati relativi alle emissioni di anidride carbonica, metano, ossido di azoto e gas fluorurati tra gli Stati Membri, viene inviato ogni anno allo United Nations Framework Convention on Climate Change (UNFCCC), l’organo delle Nazioni Unite dedicato al cambiamento climatico. L’ultima edizione ha certificato un record storico: nel 2014 le emissioni di CO2 nel continente hanno infatti raggiunto il picco minimo (4.282 Mt, ossia milioni di tonnellate) dal 1990 a oggi. Un processo in cui l’Italia gioca un ruolo chiave. Lo comunica il «Renewables 2016 Global Status Report», il rapporto di REN21 (organizzazione delle Nazioni Unite che riunisce Governi, Organizzazioni internazionali, ONG e Associazioni di settore) alla cui stesura contribuito anche il GSE (Gestore dei Servizi Energetici) e la società di consulenza Althesys. Il nostro Paese, si legge nel report, lo scorso anno ha destinato allo sviluppo green 9,9 miliardi di euro, con un incremento di quasi 3 miliardi rispetto al 2014. Inoltre, il 66% delle imprese italiane ha stabilito target di emissione assoluti, mentre il resto del mondo è fermo al 44%. 

 [ Paolo Magnani ]