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Rifiuti radioattivi: nasce…una risposta!

Scorie radioattive

Presentato ufficialmente a Roma l’Osservatorio per la Chiusura del Ciclo Nucleare, organismo promosso dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile in collaborazione con Sogin. Un punto di riferimento per la gestione delle attività di decommissioning degli impianti nucleari e per la realizzazione di un Parco tecnologico e di un deposito nazionale. Operazioni che richiedono processi trasparenti, condivisi e partecipati

C’è un patrimonio scomodo, in attesa di trovare destinazione sicura. Si tratta di 90.000 (novanta mila!) metri cubi di rifiuti radioattivi a bassa, media e alta attività da smaltire, e in tempi non troppo lunghi, che pesano non poco sull’«integrità» del nostro Paese.

Atto primo: l’Italia deve procedere allo smantellamento delle centrali nucleari, degli impianti di produzione del combustibile nucleare e degli impianti di ricerca del ciclo del combustibile nucleare di Trino (VC), Caorso (PC), Latina (LT), Garigliano (CE), Bosco Marengo (AL), Saluggia (VC), Casaccia (RM) e Rotondella (MT), nonché ad avviare le attività di chiusura del ciclo del combustibile nucleare.

Queste attività generano circa 55.000 metri cubi di rifiuti radioattivi di cui circa 10.500 ad alta attività e altri 44.500 a media e bassa attività.

Siti nucleari in ItaliaAtto secondo: il nostro Paese deve fare i conti con i rifiuti radioattivi a bassa, media ed alta radioattività generati da attività diagnostiche e terapeutiche di medicina nucleare (provette, flaconi, siringa, guanti, indumenti contaminati, sorgenti per teleterapia ecc…), ma anche di macchinari contaminati e dispositivi utilizzati per la ricerca in campo medico e farmacologico, oltre che in specifici settori industriali. Un «bottino» di circa 15.000 metri cubi, di cui più di 3.000 ad alta attività, a cui se ne aggiungeranno nei prossimi anni circa altri 20.500, di cui oltre 1.500 ad alta attività, con un trend di crescita di 500 metri cubi l’anno. Attualmente questi rifiuti prodotti quotidianamente sono raccolti presso i siti di produzione, mentre quelli derivanti dal settore sanitario, della ricerca e dall’industria sono detenuti in aree di stoccaggio provvisorio.

Una destinazione adeguata e trasparente

Procedere ad un’attività di decommissioning e di gestione e smaltimento di questa tipologia di rifiuti è quindi «atto dovuto» non più rinviabile. Lo chiede anche la Direttiva europea 2011/70 Euratom che ha imposto ad ogni Stato membro la realizzazione di un deposito che sia in grado di ospitare in sicurezza il combustibile nucleare esaurito e i rifiuti radioattivi anche derivanti dagli impieghi medicali, di ricerca e industriali.

A che punto è il nostro Paese in questo percorso? Al recepimento di questa direttiva l’Italia aveva risposto con Decreto legislativo 31/2010 che prevedeva la realizzazione di un Deposito nazionale destinato “all’immagazzinamento, a titolo provvisorio di lunga durata, dei rifiuti ad alta attività e del combustibile irraggiato provenienti dalla pregressa gestione di impianti nucleari e allo smaltimento a titolo definitivo dei rifiuti radioattivi a bassa e media attività, derivanti da attività industriali, di ricerca e medico-sanitarie e dalla pregressa gestione di impianti nucleari”. Un Deposito nazionale da collocare all’interno di un Parco tecnologico finalizzato alla ricerca di soluzioni per la definitiva messa in sicurezza di questa tipologia di rifiuti

Un progetto decisamente complesso per la complessità della «materia» trattata che ha però un fine ambizioso con un risvolto economico importante. In sintesi: restituirà definitivamente territorio libero da vincoli radiologici alla collettività, creerà condizioni di maggiore sicurezza rispetto all’attuale situazione, e necessiterà di investimenti stimati in circa 2,5 miliardi di euro in tempi di realizzazione di almeno 5 anni!

Tutto questo dovrà essere svolto con totale trasparenza, come sottolinea ancora la direttiva Euratom che chiede, tra l’altro, che gli Stati membri assicurino che “la popolazione abbia le necessarie occasioni di effettiva partecipazione ai processi decisionali concernenti la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi conformemente alla legislazione nazionale e agli obblighi internazionali”.

Numerosi gli attori, le comparse ed il pubblico, dunque, per mandare in scena questo spettacolo di «ripristino» ambientale che prevede come atti cruciali: attività di decommissioning, di gestione dei rifiuti radioattivi e di realizzazione del Parco tecnologico e del Deposito nazionale. Inoltre, momenti di confronto, di informazione e di formazione, ma anche di ascolto dei cittadini da parte delle istituzioni. Per tutto questo si rende necessario un palcoscenico adeguato. Ad indicare quale è la Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile che, in collaborazione con la Sogin, ha dunque deciso di istituire un Osservatorio ad hoc per la chiusura del ciclo nucleare con l’obiettivo di approfondire gli aspetti tecnici e tecnologici, nonché le implicazioni economiche, sociali e ambientali delle attività di bonifica dei siti nucleari e di gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi.

Il palco su cui si muoveranno tutti gli attori protagonisti di questa opera prima sarà dunque l’Osservatorio per la Chiusura del Ciclo Nucleare.

Il debutto

A fare il punto della situazione una Conferenza Stampa di presentazione dell’Osservatorio tenutasi a Roma il 21 marzo. Ha aperto i lavori il Presidente della Fondazione Edo Ronchi. Hanno preso la parola Stefano Leoni Presidente dell’Osservatorio, Claudio Pescatore dell’Ocse e Riccardo Casale, Amministratore Delegato di Sogin.

Osservatorio Nucleare

Troppo spesso – ha sottolineato Edo Ronchi – vediamo insorgere le comunità locali, che non vengono messe a parte dei progetti e spesso ricevono informazioni quando le scelte sono già state fatte. Vogliamo che questo osservatorio sia il primo esempio in Italia di progettazione partecipata, partendo dal presupposto che lasciare, come adesso, i rifiuti nelle centrali, non è una scelta ambientalmente ed eticamente accettabile”. È un dovere morale per chi come me ha partecipato alle battaglie antinucleari” – ha spiegato Ronchi sottolineando, in mancanza di soluzioni, “il rischio è che questi rifiuti finiscano in circuiti non legali”.

Trovare una soluzione ad una situazione precaria e insicura, come quella in cui si trova la gestione dei rifiuti radioattivi e del combustibile nucleare esaurito, è un atto dovuto”, ha dichiarato Stefano Leoni, Presidente dell’Osservatorio. “È una responsabilità di tutti noi, anche di chi, come me, ha combattuto per la chiusura delle centrali nucleari. È questo lo spirito che guiderà l’attività dell’Osservatorio, non solo per garantire la sicurezza per i prossimi anni, ma anche per le generazioni future. Solo una scelta condivisa e responsabile potrà permettere al nostro Paese di chiudere il ciclo nucleare. Non bisogna inoltre dimenticare che secondo i criteri assunti dall’ONU il decommissioning del nucleare è considerato green economy e per il nostro Paese significherebbe un investimento di circa 2,5 miliardi di euro”.

Riccardo CasaleA raccontare quella che rappresenta una strategia di prevenzione è anche Riccardo Casale, Amministratore Delegato di Sogin, che Edo Ronchi ha ringraziato per la sua disponibilità a cooperare, “Spesso sentiamo dire che in Italia si pecca in fatto di prevenzione. – ha detto -. Questa volta vogliamo smentire la vulgata comune con un atto di responsabilità verso le future generazioni. Il volume di scorie oggi censito è gestibile senza affanni: abbiamo le tecnologie e l’esperienza per farlo. Cercheremo di far capire alle persone che il deposito è una struttura statica, non dinamica come una centrale. In Svezia più località hanno gareggiato per ospitarlo, perché porta occupazione”.

L’Osservatorio per la Chiusura del Ciclo Nucleare

L’Osservatorio persegue il proprio scopo attraverso le seguenti attività:

? raccogliere, elaborare e contribuire alla diffusione delle informazioni, garantendone l’accessibilità ai soggetti interessati;

? supportare, monitorare e garantire un corretto sviluppo del processo di coinvolgimento degli stakeholder in materia di smantellamento dei siti nucleari, gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi e localizzazione, progettazione e realizzazione del Parco tecnologico e del Deposito nazionale;

? esprimere osservazioni e redigere relazioni informative sulle attività di decommissioning, di gestione dei rifiuti radioattivi, nonché sul recepimento delle direttive europee e sulle normative nazionali in materia.

Le attività, che l’Osservatorio si propone di eseguire entro la prima metà di quest’anno saranno:

? approfondimenti sui dati relativi alla produzione dei rifiuti radioattivi e alla loro catalogazione;

? benckmarking sui criteri di localizzazione utilizzati negli altri Stati europei;

? seminario sui criteri di localizzazione dell’Ispra e sul recepimento della direttiva europea 2011/70/Euratom;

? elaborazione di strumenti e modalità di coinvolgimento degli stakeholders individuati;

? definizione del programma delle attività per la seconda metà del 2014.

Roberta Di Giuli