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Dall’aria che respiriamo il carburante che consumiamo?

L’inglese Air Fuel Synthesis ha dichiarato di aver prodotto benzina «sintetica» raffinandola da anidride carbonica e vapore acqueo. Un annuncio talmente d’effetto da rimandare il pensiero ai principi alchemici


Produrre benzina dall’aria? Se il petrolio sta all’oro come l’aria alla benzina, i tecnici inglesi della Air Fuel Synthesis, che dichiarano di aver “preso l’anidride carbonica dall’aria e l’idrogeno dall’acqua” mettendoli  “poi assieme e trasformati in benzina” verde per auto ed aerei, avrebbero compiuto un salto all’indietro nel futuro.

In effetti se questo esperimento (sul quale mancano al momento dati dimostrativi e nei confronti del quale più fonti scientifiche italiane mostrano oggi come oggi un certo scetticismo) si dimostrasse scientificamente realistico, sarebbe di portata tale da autorizzare un parallelo con l’arte della trasmutazione dei metalli, uno degli obbiettivi primari dei più illuminati alchimisti assieme alla scoperta della pietra filosofale e dell’elisir di lunga vita.

Non vogliamo mettere in burletta l’annuncio dell’azienda inglese con paragoni apparentemente irriverenti; l’alchimia, pur essendo considerata da molti poco più di un fenomeno da baraccone, è stata per contro e per lungo tempo considerata una scienza (diede ad esempio origine alla iatrochimica, branca della chimica farmaceutica) e sembra essere effettivamente arrivata a produrre l’oro alchemico in quantità tali da essere messa al bando per evitare di mettere in crisi prima l’economia cinese e successivamente quella egizia e romana. D’altra parte un’arte che annoverava fra i propri seguaci il greco Ermete Trimegisto, George Ripley in Inghilterra, Nicolas Flamel in Francia, alcuni papi tra i quali Giovanni XXII (Ars transutatoria Metallorum), ed Isaac Newton forse il più famoso e noto di tutti, non poteva non essere considerata scienza.

Ed ecco spiegato, tornando allo spunto di queste poche righe, come la produzione di carburante dall’aria possa far riandare impropriamente (?) la mente ai principi alchemici, ai loro sostenitori ed ai loro critici.

Ora come allora anche questa «scoperta» viene accolta, come quelle alchemiche che potevano portare anche all’Inquisizione, con scetticismo non perché la cosa non sia fattibile né completamente nuova, ma per gli alti costi economici e finanziari intrinseci, legati perlomeno alla fase di sperimentazione, per la complessità del processo produttivo ancora in embrione e per il fatto che l’energia necessaria al processo estrattivo dell’Anidride carbonica da una parte e all’elettrolisi dell’acqua dall’altra viene comunque attinta dalla rete elettrica nazionale inglese, in gran parte alimentata da centrali a combustibili fossili. In altre parole il cane che si morde la coda: si produce un combustibile pulito con un processo inquinante basato sulla compressione dell’aria in una camera stagna nella quale è stata immessa soda caustica che reagisce con il diossido di carbonio contenuto nell’aria formando carbonato di sodio.

A questo punto entra in campo l’elettrolisi, alla quale viene sottoposta tanto la suddetta soluzione quanto la stessa acqua che si scinde così in idrogeno e ossigeno. Il diossido di carbonio, combinato con l’idrogeno, produce il cosiddetto «Syn Gas», da cui si possono ottenere metanolo e successivamente benzina.

D’altra parte, cosa non si farebbe per contenere il prezzo di carburanti che, andando di questo passo, tra un po’ dovremo pagare a «carato» e non più a litro?

 

Giovanni Notaro