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Azoto e gas serra, abbatterli per salvare il Pianeta

Rapporto

In Europa potrebbero scendere del 40 e del 25 per cento. Lo rivela il Rapporto dal titolo «Azoto in tavola»

•• Quando si parla di agenti inquinanti per l’atmosfera, l’acqua, l’ambiente in una parola, spesso non si pone la giusta attenzione a quanto influiscono le scelte nutrizionali del genere umano, sia sotto il profilo dei consumi che sotto quello produttivo, generando danni incalcolabili. Una situazione particolarmente grave in Europa, per la sua forte antropizzazione e per gli stili di vita e consumo alimentare.

Recentemente è stato reso noto il Rapporto sulla presenza di azoto in Europa nella produzione nel consumo di cibo, con il titolo «Azoto in tavola». Il focus dell’indagine è soprattutto su cosa potrebbe accadere nel continente se si verificasse un deciso calo di produzione di carni e prodotti caseari. Il primo dato che balza agli occhi è che tagliando i consumi in questi due settori, si ridurrebbe in modo drastico l’eccesso di azoto in atmosfera e i gas serra conseguenti alle attività produttive con il risultato di riprendere possesso di grandi aeree agricole coltivabili ora destinate al pascolo e che potrebbero essere orientate verso nuove produzioni di cibo ecocompatibile e di bioenergy. Senza considerare, osservano gli autori, il vantaggio per la salute indotto da un consumo limitato e controllato di carni. Tra pochi giorni nel mese di maggio sarà pubblicato il rapporto completo.

Henk Westhoek, uno degli autori del Rapporto e Direttore del programma per l’Agricoltura e Cibo dei Paesi Bassi, ha ricordato come l’impronta ambientale prodotta dal consumo di carni e prodotti caseari sia molto più pesante di quella alimentare basata sul consumo di prodotti agricoli. Se tutte le persone all’interno dell’Unione Europea dimezzassero il consumo di carne e di prodotti di caseificio, questo provocherebbe una diminuzione dei gas serra tra il 25 e il 40 per cento rispetto all’attuale livello e per le emissioni di azoto sino al 40%. L’aspetto positivo ulteriore, oltre alla salubrità dell’aria, dell’acqua, dell’habitat nel suo insieme, sarebbe anche una maggiore e rinnovata capacità dell’Europa nell’esportazione di prodotti alimentari fondati su un’agricoltura più estesa, invece che essere soprattutto importatori come accade adesso per molti prodotti della terra.

Sull’effetto positivo di una scelta come quella delineata si è espresso un altro degli autori, il prof. Mark Sutton, fisico ambientale al Centro per Ecology & Hydrology, secondo il quale la razionalizzazione delle emissioni di azoto dovuto all’attività umana, rappresenta ormai una sfida sociale che collega ambiente, sicurezza del cibo e salute.

La nuova ricerca si è basata sulle modifiche intervenute dopo gli accertamenti in tema di azoto fatti nel 2011. Il lavoro è stato condotto dall’unità sull’azoto delle Nazioni Unite e dalla Commissione Economica per l’Europa (UNECE).

Dal canto suo, il prof. Sutton, ha sottolineato come siano forti le resistenze al cambiamento sia nel sistema produttivo che in quello commerciale. Il risultato è che i paesi temono che adottando nuove misure e affrontando la questione azoto incidendo su consumi e produzioni possa ridurre la loro competitività internazionale. Il cambiamento, ovviamente, deve essere sociale, comportamentale, prima ancora che industriale. Il primo decisivo atto sarebbe quello della riduzione dei consumi che avrebbe immediato riverbero sul sistema produttivo.

Roberto Mostarda