L’economia si risveglia… nel parco. Queste aree sono in grado di creare ricchezza. Una attitudine, però, riscontrata solo nel nord d’Italia. Lo afferma, e documenta, il Rapporto presentato dal Ministero dell’Ambiente con Unioncamere
•• La prima boccata di ossigeno la nostra economica sembra proprio volerla dare là dove si respira meglio. La chiamano «effetto parco» ed è la – dimostrata – maggiore capacità delle imprese localizzate nelle aree soggette a tutela ambientale di creare ricchezza e benessere. Non è ovunque così, e torna l’Italia delle due velocità: nel nord avviene, nel sud non ancora. A trarre conclusioni è il Rapporto «L’economia reale nei parchi nazionali e nelle aree naturali protette» realizzato dal Ministero dell’Ambiente e da Unioncamere che ha analizzato il valore aggiunto procapite prodotto dalle imprese dei Parchi nazionali italiani! Un esempio? Tra il 2011 e il 2013, il valore aggiunto prodotto all’interno dei Parchi nazionali è diminuito «solo» dello 0,6%, mentre nel resto dell’Italia la variazione negativa è stata tre volte superiore (-1,8%). Questa capacità che il Rapporto riscontra in molti territori «verdi» è frutto di un mix di crescita economica, sostenibilità ambientale, produzioni di qualità, rispetto dei saperi e del benessere dei territori. In sostanza, un nuovo modello di sviluppo che sembra esercitare un certo fascino sui giovani e sulle donne, i quali, in misura relativamente maggiore che nel resto del Paese, hanno scelto proprio le aree protette come sede della propria impresa.
Anche per far conoscere meglio queste realtà, Ministero dell’Ambiente e Unioncamere hanno messo a punto l’Atlante socio-economico delle aree protette italiane, consultabile on line all’indirizzo http://www.areeprotette-economia.minambiente.it/.
“Coniugare – ha affermato il Ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti – la conservazione della natura e la crescita di un’economia che pone l’ambiente come cardine del suo sviluppo rappresenta un passo oggi quanto mai necessario. La Green Economy è un percorso già tracciato, che pone l’ambiente come valore fondante nella produzione del reddito; il rapporto va oltre, mettendo in luce numeri, cifre e storie in cui i parchi nazionali sono protagonisti di esperienze positive. Dalla loro valorizzazione può arrivare una svolta per la crescita del Paese”.
“Le aree protette costituiscono un grande laboratorio di nuove pratiche innovative e ecocompatibili”, ha detto il Presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello. “Un polmone verde che, negli ultimi anni, è al centro di un interessante risveglio socio-economico. Nella sostenibilità e nell’economia a dimensione delle comunità locali c’è la vera essenza del modello produttivo italiano. Per questo l’attenzione alle aree naturali protette è per noi congeniale al tema dello sviluppo e del rilancio dell’economia. Un modello vincente che insieme al dicastero dell’Ambiente, con il quale abbiamo avviato da alcuni anni una preziosa collaborazione nel campo della blue economy e della green economy, vogliamo sostenere, accompagnando la transizione delle economie locali verso una crescita sostenibile”.
Quanto è verde Ia mia terra…
Possono riempire un territorio vasto come la Calabria i 23 parchi nazionali analizzati nel rapporto (15mila kmq, pari al 5% dell’estensione del nostro Paese). E le imprese si spingono… in alto, visto che l’orografia si presenta spesso montuosa. Sono oltre 68mila le attività produttive presenti in queste aree, con un’incidenza elevata di attività commerciali (26%, spesso di prodotti artigianali), agricole (22,5%) e della ristorazione (7,7%). In altre parole, in media esistono 9,7 imprese ogni 100 abitanti, con una densità di poco inferiore a quella media nazionale (10,2%). Piccole di dimensioni (solo 2,3 gli addetti a fronte di una media di 3,7), queste imprese si contraddistinguono per una maggior presenza di giovani (13,1% le imprese giovanili dei parchi contro l’11,1% della media Italia), e di donne (26,8% le attività a guida femminile nelle aree protette contro il 23,6% registrato a livello italiano). Ridotto, invece, il numero delle imprese straniere (3.533), che rappresentano solo il 5,2% del totale a fronte del dato medio del 7,8%.
Risultati del fare impresa: il divario tra il nord ed il sud
Se impegnarsi «attività-mente» nelle aree verdi al Centro-Nord conviene, non si può dire ancora lo stesso per il sud. Comparando, infatti, il valore aggiunto pro capite prodotto nei Parchi nazionali (definiti comuni natural capital based), con un raggruppamento di Comuni a modesta presenza naturalistica, ma con caratteristiche economiche e localizzative simili a quelle delle aree naturali protette (comuni not natural capital based), emerge un differenziale positivo di 6mila euro nel caso del Nord-Ovest (dove i Comuni natural capital based valgono quasi 19.500 euro di valore aggiunto pro capite, a fronte dei 13.500 dell’altro raggruppamento) e di 1.800 euro nel caso del Centro (17mila euro contro oltre 15.200). Nel Nord-Est, invece, il capitale naturale non sembra esercitare un ruolo determinante nella creazione di ricchezza (nei Comuni dei Parchi il valore aggiunto pro capite è di circa 21.250 euro contro gli oltre 21.700 dei Comuni esterni confrontati). Il differenziale diventa negativo nel caso del Mezzogiorno: oltre 8mila euro nei Comuni natural capital based contro i quasi 10.500 di quelli not natural capital based.
I siti della rete «Natura 2000»
Una sorta di democratica distribuzione: in tutte le regioni e in tutte le province italiane sono presenti e distribuiti i 2.299 siti della rete «Natura 2000», dislocati nel territorio di 3.765 Comuni (il 46,5% del totale), per un totale di 58mila kmq di superficie (il 19% dell’estensione del nostro Paese). Il Mezzogiorno ospita la maggior parte delle superfici destinate a questa tipologia di aree protette, con la Sicilia che si distingue per essere la regione con la maggior presenza di siti «Natura 2000» (nel complesso, 4.700 kmq di estensione). In termini relativi, però, è l’Abruzzo a segnalarsi come «polmone verde d’Italia», visto che i suoi 3.867 kmq di estensione di siti «Natura 2000» corrispondono al 35,7% di tutta la superficie regionale (unico caso, insieme alla Valle d’Aosta, in cui il 30% del territorio ricade sotto questo tipo di tutela).
Capolista assoluta della classifica delle province con la maggior incidenza di siti «Natura 2000» rispetto all’estensione territoriale è Belluno (54%). Molto «verdi» però sono anche Trieste (45,6%) e Sondrio (41,2%). Roma si conferma Capitale anche del verde, con poco meno di un quarto del territorio provinciale soggetto a tutela. Anche le aree «Natura 2000» presentano una densità imprenditoriale prossima a quella media nazionale (9,7% contro 10,2%). La distribuzione settoriale mostra, però, un maggior equilibrio fra i vari settori produttivi, con un più spiccato orientamento verso il settore primario (che assorbe il 18,1% delle imprese operanti in aree della rete) e quello dell’alloggio e ristorazione (9,4%) anche se il commercio resta il settore prevalente.
La maggior strutturazione del sistema economico e la forte presenza del Nord contribuiscono a far elevare decisamente il valore aggiunto privato pro capite, che nel 2011 si attestava a 14mila euro, vale a dire 4mila euro in più di quello medio fatto segnare nei Parchi nazionali. Nel caso dei territori soggetti a questa tutela, la dicotomia tra aree del Paese è soprattutto tra Nord e Centro-Sud, grazie al Nord-Est che, di fatto, doppia sia il Centro, sia il Sud, piazzando le sue quattro regioni nei primi cinque posti della classifica nazionale (al primo posto spicca il Trentino-Alto Adige, con oltre 25mila euro a persona). Sopra la soglia dei 20mila euro ci sono, oltre alle regioni del Nord-Est, anche Valle d’Aosta e Lombardia, mentre nel Mezzogiorno emerge la situazione della Sardegna.
Le aree marine protette
Nelle 27 aree marine protette, cui si aggiungono due parchi sommersi, operano quasi 52mila delle 180mila imprese dell’economia del mare, attive prevalentemente nel settore dell’alloggio e ristorazione (47,7%) e nelle attività sportive e ricreative (19,9%).
L’analisi della distribuzione di queste imprese rispetto all’intero sistema produttivo locale fa emergere alcuni casi interessanti. Tra questi, quello delle Isole Tremiti, le cui 59 imprese dell’economia del mare costituiscono quasi il 60% del tessuto imprenditoriale dell’area. A seguire le Isole Pelagie, le Egadi, Ventotene e Santo Stefano e Bergeggi. L’unica area estranea a questa forte connotazione isolana è quella delle Cinque Terre.