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In un metro cubo la temperatura più bassa dell’Universo

Il criostato del Laboratorio Criogenico dell'Università di Milano-Bicocca
Il criostato del Laboratorio Criogenico dell'Università di Milano-Bicocca

Arriva dai Laboratori Nazionali del Gran Sasso il record del metro cubo più freddo dell’Universo, ottenuto da un team a guida italiana che, con il progetto CUORE, ha impiegato una tecnologia di frontiera chiamata «cryogen free»

•• Freddissimo CUORE! L’esperimento realizzato nei Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’INFN ha infatti fatto registrare un record mondiale: il massimo raggiungimento di bassa temperatura mai ottenuto prima in relazione a massa e volume. Nel dettaglio: per la prima volta una struttura di rame del volume di un metro cubo è stata portata alla temperatura di 6 millikelvin, ossia un valore prossimo allo zero assoluto (0 kelvin). La struttura di rame così raffreddata, pari a circa 400 kg, per 15 giorni ha rappresentato il metro cubo più freddo dell’Universo.

La missione di CUORE

Nel cuore di… CUORE, ossia «Cryogenic Underground Observatory for Rare Events», il perseguimento di un obiettivo ambizioso: studiare le proprietà dei neutrini per la realizzazione del sistema criogenico necessario per raffreddarne i rivelatori. Atto possibile grazie alla collaborazione tra l’Istituto Nazionale di Fisica nucleare e l’Università di Milano-Bicocca. In particolare, l’esperimento cerca un fenomeno raro chiamato doppio decadimento beta senza emissione di neutrini. Rivelare questo processo consentirebbe non solo di determinare la massa dei neutrini, ma anche di dimostrare la loro eventuale natura di particelle di Majorana fornendo una possibile interpretazione dell’asimmetria tra materia e antimateria che caratterizza il nostro Universo.

Progettato per lavorare in condizioni di ultrafreddo, CUORE è composto da cristalli di Tellurite impiegati come bolometri (rivelatori di radiazione) e progettati per funzionare a temperature di circa 10 millikelvin, cioè dieci millesimi di grado sopra lo zero assoluto (guarda la Gallery).

Si tratta di un risultato importante che testimonia come la scienza italiana raggiunga un solido primato nella tecnologia del ultrafreddo grazie all’integrazione e alla collaborazione tra ricerca, università e aziende – ha commentato Carlo Bucci, ricercatore INFN e Spokesperson italiano di CUORE – La temperatura raggiunta nel criostato dell’esperimento, 6 millikelvin, equivale a -273,144 gradi centigradi, una temperatura vicinissima allo zero assoluto pari a -273,15 centigradi. Nessuno ha mai raffreddato a queste temperature una massa di materiale ed un volume simili”.

Angelo NucciottiIl criostato di CUORE – ha voluto sottolineare invece Angelo Nucciotti, docente di fisica nucleare dell’Università di Milano-Bicocca e responsabile della progettazione del criostato – è unico al mondo non solo per dimensioni e potenza refrigerante ma anche perché, grazie all’utilizzo di materiali appositamente selezionati e di speciali tecniche costruttive, garantisce che l’esperimento si svolga in un ambiente con bassissimi livelli di radioattività. Una volta completo, il rivelatore sarà racchiuso in una copertura di piombo antico di età romana, un materiale caratterizzato da una radioattività intrinseca estremamente bassa che fungerà da schermo”.

A rendere possibile questa «estrema» sfida tecnologica posta dalla necessità di raffreddare a pochi millikelvin l’intera massa (quasi 2 tonnellate) dei rivelatori e della struttura in rame che li contiene in un criostato con contaminazioni radioattive minime, è stata la collaborazione con partner industriali di altissimo livello come l’olandese Leiden Cryogenics BV, che ha prodotto il refrigeratore a diluizione più potente al mondo, e l’italiana Simic S.p.A., che ha curato la realizzazione degli schermi in rame del criostato.

Il raffreddamento è stato completato, per la prima volta, nel settembre 2014 da un team di ricerca internazionale guidato da Paolo Gorla dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso. Il sistema criogenico di CUORE è stato finanziato interamente dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e si basa su una tecnologia di frontiera chiamata «cryogen free» che evita l’impiego dell’elio liquido in quanto risorsa non rinnovabile. Il percorso per giungere a questo eccezionale traguardo è stato lungo… quasi dieci anni impiegati in attività di progettazione, costruzione ed ottimizzazione del complesso apparato. Il coordinamento del team di ricerca che ha progettato il sistema criogenico, è stato affidato all’Università di Milano-Bicocca mentre internazionale è stata la collaborazione: circa 130 scienziati provenienti da trenta istituzioni in Italia, USA, Cina, Spagna e Francia. Per l’INFN partecipano le sezioni di Milano-Bicocca, Bologna, Genova, Padova, «Sapienza» di Roma, e i Laboratori Nazionali INFN del Gran Sasso, di Frascati e di Legnaro.

Una volta completato CUORE sarà composto da 1.000 cristalli di Tellurite e dovrà raffreddare una massa totale di quasi 2 tonnellate. A custodire il modernissimo rivelatore saranno dunque 5 tonnellate di antichissimo piombo di età romana.

Roberta Di Giuli
[23 Ott 2014]