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La politica del non senso… cinque anni dopo

Ponte di Carasco
Il crollo del ponte di Carasco

Paola Villani • Le scelte ragionevoli, quelle che avrebbero permesso la «solidità» del nostro Paese, sono state sacrificate per il bene di pochi. Ora si pagano i conti e si evidenziano i danni di una politica logorata dall’interesse privato

Ne avevamo scritto l’anno scorso ma sono bastate alcune analisi approfondite (di cui i media informeranno a breve) per restituire il quadro completo. Un quadro desolante e che così può essere riassunto per sommi capi.

Chiaro – adesso – anche il senso scellerato delle politiche avviate. Si citavano opere importanti e si operava a fini di lucro su quelle ordinarie. Nel campo della manutenzione stradale si definiscono proprio così: opere ordinarie e straordinarie. E mentre si progettavano in tutti i settori realizzazioni straordinarie, si creava il quadro normativo perfetto per agire ed evitare ricorsi, per sottrarre gli amici degli amici ad ogni ipotetico controllo e per operare al di fuori della Normativa. Sì, perché di questo tratta il lungo articolo. Ma andiamo con ordine.

Non si trattava tanto di operare in grande ma si trattava di far operare solo e soltanto gli amici degli amici e – se questi non avessero avuto i titoli o le certificazioni occorreva soltanto produrli a tavolino. Tanto, dicevano tra loro, “chi controlla?”. A parole si dichiarava di “voler riavviare la macchina che progetta e realizza grandi, medie e piccole infrastrutture viarie, ferroviarie e marittime rimasta inceppata negli anni“, nella pratica si facevano progetti di ben altro tipo. Ma gli artefici del piano scellerato non avevano considerato che un’opera può anche essere realizzata ma se non viene eseguita a regola d’arte presto o tardi chiunque se ne potrà avvedere. Lo evidenzia anche il nome: infatti nell’ingegneria civile «ponti», «sottopassi» e «gallerie» vengono denominate «opere d’arte» nel senso che tutti (o quasi) possono progettare e realizzare una strada ma per alcune opere occorre «vera» competenza e «reale» capacità.

Sottopasso di CertaldoEd ora che i sottopassi si allagano (a ripetizione) e che i ponti crollano (con inusitata frequenza) qualcuno inizia a fare i controlli e si scoprono realtà che mai i cittadini avrebbero sospettato o ipotizzato. Si fa presto a dire che è stato minato il clima di fiducia nella politica… quando si verificano tragedie e si contano morti e feriti, quando interi territori sono in balia delle acque e le ripercussioni, anche sul tessuto economico, si riverberano per mesi in un intorno vasto (la S.P. 225 è irraggiungibile da Carasco e i veicoli commerciali pesanti più di 7,5 tonn. devono essere instradati correttamente da Genova), molti iniziano a pensare che i responsabili politici avrebbero dovuto avvedersene e se così non è stato…

La fiducia nelle istituzioni

La fiducia nelle Istituzioni, la certezza delle regole, le buone pratiche erano capisaldi. Poi, qualcosa è mutato.

Quanti amministratori hanno smesso di pensare rettamente e hanno adombrato la possibilità di conseguire illeciti guadagni dagli appalti per la realizzazione di lavori e forniture? Troppi. Per questo gli antichi suggerivano di scegliere i politici tra una selezionata élite. Selezionata non in base al censo o al reddito ma su valutazioni comportamentali.

Ora tra alluvioni, semplici temporali o scrosci di pioggia, un intero Paese evidenzia i problemi etici e morali che hanno permesso a taluni, forse troppi, di agire indisturbati.

Quale Normativa?

Sottopasso a PalermoOccorre essere realistici e imputare le responsabilità a chi di competenza. Osserviamo la Normativa: con un solo Decreto (il DLgs 104 del 2 luglio 2010) alcuni accorti politici sono riusciti in una impresa che definire epocale è poco. Anni di procedure per la realizzazione di studi di fattibilità, valutazioni di impatto ambientale, valutazioni ambientali strategiche sono stati spazzati al vento. Un Decreto «astuto» che da un lato depotenzia le Norme e dall’altro tutela totalmente chi agisce al di fuori delle regole. Un Decreto nemmeno troppo noto considerati quanti addetti ai lavori riunitisi la scorsa settimana al Galata per discutere di collegamenti logistici, ipotizzavano ancora possibili blocchi ad alcune opere, come il Terzo Valico, fermate da ipotetici ricorsi. Nulla può più essere bloccato: con un insieme di articoli e di comma che contraddicono quanto detto poche righe prima o dopo, l’unica autorità in grado di valutare se un’opera possa essere realizzata è divenuta quella del Tribunale Regionale (o del Consiglio dei Ministri). Hai agito fuori dalle regole? …decide il TAR.  Non hai mai avuto i requisiti per progettare o realizzare quest’opera? Decide il TAR. Non hai mai rispettato la Normativa ai sensi del D.Lgs. 163/2006? Decide il TAR. Hai subappaltato e non avresti potuto farlo? Decide il TAR. Hai commesso violazioni? Decide il TAR.  E se per caso il TAR optasse per dare ragione ai ricorrenti, decide il Consiglio dei Ministri. Nemmeno nella Grecia oligarchica del quarto o quinto secolo a.C. si sarebbe potuto agire in questo modo e comunque gli oligarchi erano un numero significativo (quattrocento all’inizio, poi divenuti cinquemila e – dopo la Guerra del Peloponneso – trenta, ma erano i Trenta Tiranni e durarono soltanto otto mesi). Ma in Italia la fantasia è al potere e così tutte le opere possono essere decise da un nucleo ristretto di persone senza che nessuno – pronto a fare ricorso per questo o quel motivo (civilmente e penalmente perseguibile) – possa pensare di veder riconosciute le proprie ragioni.

Fiume serchio
Piena del fiume Serchio

Non è detto che i firmatari del Decreto si siano accorti delle anomalie in esso contenute, però alcuni articoli paiono al limite dell’incostituzionalità. Non certo quella evidenziata e riportata ma quella connessa al mancato rispetto dell’art. 28 della Costituzione “Art. 28 – I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli Enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli Enti pubblici.”.

E sentire molti, troppi politici che a più riprese citano la necessaria rirforma della Costituzione, solleva qualche perplessità? Colluso oppure semplice megafono di altri? Consapevole oppure del tutto inconsapevole?

Abbiamo sempre detto che non vi sono difficoltà ordinarie che non possano essere superate. E che a fronte di potenziali cambiamenti climatici in atto sarebbe stato sufficiente costruire infrastrutture più resistenti procedendo con operazioni idonee alla salvaguardia capillare del territorio, utilizzando  tutte le tecniche possibili per far sì che nessuna alluvione avrebbe potuto apportare danni. Eravamo ragionevolmente certi che le uniche difficoltà che avrebbero dovuto essere superate erano di tipo economico ed invece si scopre – con rammarico – che l’unica difficoltà è morale. Individui senza morale hanno operato contro gli interessi della collettività. Non si tratta tanto di controllo della spesa quanto di controllo degli appalti. Anche a fronte di notizie di reato che hanno coinvolto apparati dello Stato è bene ripristinare le regole, denunciare chi deve essere denunciato e non temere possibili conseguenze sul piano politico.
Con gli articoli 40, 41, 70, 77, 120-123, 133 il Decreto Legislativo 104/2010 mirava a sovvertire il quadro normativo che impone rispetto delle regole, controlli e sanzioni severe ai sensi del già citato art. 28 della Costituzione.

Passerella pedonale sul fiume Serchio
Passerella pedonale sul fiume Serchio

Non si devono fare nuove infrastrutture ma occorre mantenere in perfetto stato quelle esistenti. E la manutenzione ordinaria costa meno di quella straordinaria. Si veda quanto è scritto nel Rendiconto del Bilancio dello Stato anno 2011. Come è stato possibile che la spesa straordinaria abbia superato, e di molto, quella ordinaria? La spesa straordinaria, come dice il termine, è solo e soltanto per far fronte alle emergenze. E questo non era un Paese in emergenza. Negli ultimi anni è stato soltanto un Paese mal amministrato.

Paola Villani
Politecnico di Milano